Se è pacifico che nel fare comunicazione e marketing sia necessario rispettare le norme, è possibile fare del rispetto delle norme uno strumento di comunicazione e marketing?
La domanda può sembrare provocatoria o addirittura bizzarra. Tuttavia, vi racconteremo come sia possibile che ciò avvenga e vi spiegheremo il metodo EUCLEA .
Innanzitutto, è necessario condividere cosa si intenda per comunicazione e cosa per rispetto della legge.
Quale comunicazione?
Nel primo caso, ossia cosa si intenda per comunicazione, dobbiamo rifarci all’assioma di Paul Watzlawick “È impossibile non comunicare”. Tutti noi, persone e aziende, in qualsiasi nostra azione – e anche non azione – trasmettiamo un messaggio ai nostri interlocutori: come parliamo, come ci vestiamo, quali colori utilizziamo per un website, quali immagini scegliamo per una presentazione.
Comunichiamo anche se non ne siamo consapevoli, e questo naturalmente è pericoloso come ogni cosa che viene svolta in assenza di consapevolezza. Infatti, in questi casi non controlleremmo il messaggio che arriva ai nostri interlocutori.
Comunichiamo anche se non comunichiamo: immaginiamo di decidere di non essere presenti su un social network perché lo riteniamo inutile, difficile da gestire, piuttosto che irrilevante ai nostri fini. Anche questa nostra assenza è una forma di comunicazione che – con modalità non sempre prevedibili – si potrà ripercuotere sulle nostre strategie.
Sia chiaro, essere presenti e attivi nella comunicazione non è un obbligo: anche non comunicare (nell’esempio sopra, essere assenti da un social network) può essere una scelta strategica, l’importante è farlo con consapevolezza.
La comunicazione è spesso definita come un processo:
• Sistemico in quanto le persone coinvolte fanno parte di un sistema di influenzamento reciproco;
• Pragmatico in quanto ciò che conta sono gli effetti del comunicare, non le intenzioni, conta il messaggio che l’altro recepisce, la risposta che si ottiene;
• Strategico in quanto la persona che ha chiari obiettivi da raggiungere si dota di una strategia ben precisa.
Su queste tre aree torneremo per condividere il metodo EUCLEA che necessariamente tiene in considerazione le dinamiche che il messaggio deve possedere per essere efficace.
Quale rispetto della legge?
Quanto alla circoscrizione di cosa si debba intendere per “rispetto della legge” o delle norme o, ancora, delle regole, il riferimento è duplice.
Innanzitutto, significa conformarsi alle norme e alle disposizioni emanate per regolare e governare le attività della società e delle istituzioni. Ciò implica l’obbligo di osservare le leggi e le regole, evitare di violarle e di commettere azioni che possano arrecare danno o pregiudicare la sicurezza e il benessere della comunità.
Il rispetto della legge e delle regole è un principio fondamentale della convivenza civile e democratica, poiché garantisce l’ordine, la stabilità e la sicurezza della società. In tal senso rispettare leggi e regole è un dovere di ogni persona – fisica o giuridica che sia – per contribuire al bene comune e al progresso della società.
Dall’altra parte, le regole e le leggi possono diventare un’opportunità nella misura in cui il sistema giuridico offre degli strumenti che possano consentire la creazione di “privilegi” che permettono poi di essere esercitati nei confronti di altri soggetti e di ottenere protezione nell’esercizio del mio diritto. Si pensi alla registrazione di un marchio: non è un obbligo di legge registrare un marchio, ma la normativa offre la possibilità di tutelare il mio logo e, quindi, di poter fare leva su questa protezione per comunicare all’esterno un messaggio e impedire a terzi comportamenti in conflitto con questo mio diritto.
Il patrimonio inespresso
Chiarito che tutto comunica, di riflesso possiamo affermare che tutto può comunicare.
Pertanto, come illustreremo, anche il rispetto delle norme o la scelta di utilizzare degli strumenti giuridici può diventare (ed è opportuno che ciò avvenga) oggetto di comunicazione.
Che la comunicazione non debba riguardare solo il core business dell’attività è approccio già diffuso sul mercato e l’avvento dei temi legati all’ESG (Environmental, Social, Governance) hanno dato ancora maggiore evidenza a questa esigenza.
Non solo, la stessa normativa in alcune circostanze impone un obbligo di comunicazione non limitata agli aspetti tradizionali economico-finanziari: è il caso del “bilancio di sostenibilità”.
La normativa richiede per determinati soggetti (attualmente l’obbligo è limitato a società di grandi dimensioni ed enti di interesse pubblico ma dal 2026 verrà esteso ad aziende con più di 250 dipendenti, un fatturato superiore ai 50 milioni di euro e un bilancio annuo pari almeno a 43 milioni a prescindere dal fatto che siano quotate in borsa) di fornire informazioni di carattere non finanziario riguardanti:
a) l’utilizzo di risorse energetiche, distinguendo fra quelle prodotte da fonti rinnovabili e non rinnovabili, e l’impiego di risorse idriche;
b) le emissioni di gas ad effetto serra e le emissioni inquinanti in atmosfera;
c) l’impatto, ove possibile sulla base di ipotesi o scenari realistici anche a medio termine, sull’ambiente nonché sulla salute e la sicurezza, associato a determinati fattori di rischio,
quale quelli ambientale e sanitario;
d) aspetti sociali e attinenti alla gestione del personale, incluse le azioni poste in essere per garantire la parità di genere, le misure volte ad attuare le convenzioni di organizzazioni
internazionali e sovranazionali in materia, e le modalità con cui è realizzato il dialogo con le parti sociali;
e) rispetto dei diritti umani, le misure adottate per prevenirne le violazioni, nonché le azioni poste in essere per impedire atteggiamenti ed azioni comunque discriminatori;
f) lotta contro la corruzione, sia attiva sia passiva, con indicazione degli strumenti a tal fine adottati.
Ogni azienda o professionista ha un patrimonio reputazionale inespresso immagazzinato negli archivi aziendali oppure inutilizzato perché non sfruttato.
Innanzitutto, vi è il patrimonio attuale, ossia l’insieme di adempimenti e regole, più o meno obbligatori, a cui il soggetto si è adeguato (più o meno di malavoglia, ma non è questo il punto) e che potrebbe essere utilizzato per comunicare l’impegno dell’azienda nel rispettare le norme. Impegno non scontato in quanto, ben lo sappiamo, non tutti decidono di investire energie di tempo e di denaro per essere conformi con i vincoli normativi trasformandosi, di fatto, in un dumping a danno delle aziende diligenti.
Questa comunicazione può essere rivolta verso l’interno, alzando il coinvolgimento di dipendenti e collaboratori che si sentiranno da un lato più tutelati e dell’altro più soddisfatti di lavorare in un ambiente orientato all’etica.
Naturalmente poi questo patrimonio dovrà essere comunicato all’esterno, sempre in maniera etica e coerente così da evitare il rischio del “washing” di cui molto si è parlato in questo periodo (a partire dal green-washing, ossia dal comunicare iniziative aziendali finalizzate alla ecosostenibilità ma che di fatto rappresentano comportamenti – ove presenti – solo di facciata o distorti rispetto alla reale e concreta portata delle attività poi effettivamente svolte).
Vi è poi il patrimonio potenziale, quello forse più interessante per una azienda, rappresentato dalle iniziative che può intraprendere utilizzando gli strumenti normativi a disposizione o la protezione che gli stessi offrono.
Ecco alcuni esempi concreti.
La registrazione di un marchio, come accennato sopra, non è un obbligo di legge. Tuttavia, nel momento in cui volessi valorizzare il nome della mia azienda, piuttosto che di un prodotto o di un servizio, potrei depositare la domanda di registrazione (in Italia, in Europa o, ancora, in paesi esteri).
Questo mi offrirà numerosi vantaggi. Innanzitutto, mi consentirà di essere percepito dal mercato come un soggetto attento alla propria immagine e al messaggio che il mio marchio veicola al punto da essere disponibile ad investire sullo stesso. Inoltre, il marchio verrà iscritto in bilancio andando a rappresentare una voce che incrementa il patrimonio aziendale. E ancora, il marchio potrà essere dato in licenza per essere utilizzato da terzi piuttosto che in pegno per l’ottenimento di prestiti, e così via a seconda delle strategie legali e comunicative che si vorranno intraprendere.
Ulteriore esempio può riguardare l’adozione di un modello organizzativo sulla responsabilità “penale” delle società. Anche questo non è un obbligo di legge (salvo limitati casi) e la scelta di adottare un modello che abbia come fine quello di evitare la commissione di reati da parte dell’azienda ha un risvolto reputazionale interno, nei confronti dei dipendenti e collaboratori, nonché esterno nei confronti dei clienti, investitori e stakeholder in generale: in tutti questi casi verrà percepito il contributo e impegno etico dell’ente nel voler evitare violazioni gravi. Impegno che l’azienda potrà comunicare con i canali e le modalità più appropriate.
Inoltre, il modello organizzativo potrà consentire di ottenere il riconoscimento del “rating di legalità”, espresso in stellette da 1 a 3, da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, oltre a far ottenere maggiori punteggi in bandi di appalto o, ancora, nei confronti di istituti di credito.
Gli esempi di gestione strategica delle norme sotto un profilo comunicativo possono essere numerosi (si pensi a tutte le normative legate alla tutela dei consumatori o dei lavoratori, nonché a quelle ESG legate alla tutela dell’ambiente, al rispetto delle dinamiche sociali, alla gestione trasparente ed etica dell’azienda) e fino ad oggi campo poco praticato.
Solo il recente sviluppo del Legal Design (ossia dell’utilizzo dei principi del design thinking e della centralità dell’utente applicato alle norme e al mondo legale e giudiziario) ha aperto ad alcune prospettive di utilizzo virtuoso delle norme e degli adempimenti normativi.
Il metodo EUCLEA si propone esattamente questo: l’approccio agli aspetti vincolanti normativi sotto il profilo dell’impatto comunicativo, non solo in ottica difensiva (si pensi all’impatto reputazionale dall’aver violato delle norme a tutela dei dipendenti o a tutela dei consumatori, con danno per queste categorie, e quindi alle azioni da porre in essere per evitare una ripercussione sull’azienda), ma e soprattutto in ottica costruttiva e strategica andando a valorizzare i capitali già presenti e/o potenziali all’interno dell’azienda.
L’innovazione passa poi anche dalla gestione interna della comunicazione legale in azienda allo scopo di rendere i processi legali più accessibili, comprensibili e user-friendly aumentando così il coinvolgimento dei soggetti destinatari ma anche di quelli interessati all’implementazione degli adempimenti.
Riprendendo i punti dell’analisi della comunicazione ad inizio di questo testo, l’attività ha un intervento con un impatto:
• Sistemico in quanto l’attività coinvolge le persone (dipendenti, clienti, stakeholder, ecc.) che appartengono a un sistema che, con un effetto volano, avranno un condizionamento reciproco;
• Pragmatico in quanto il messaggio che l’altro recepisce e la risposta che si ottiene vengono progettati by design, ossia fin dall’inizio della costruzione dell’attività strategico-legale-comunicativa;
• Strategico in quanto l’attività si inserisce in maniera coerente e a supporto dei fini aziendali.
I benefici, soprattutto in termini economici, possono riassumersi in:
una riduzione dei costi legali: l’adozione di processi legali ben progettati può ridurre la necessità di consulenza esterna e diminuire il tempo impiegato dal personale interno per gestire questioni legali, riducendo così i costi associati;
un miglioramento della comunicazione: la comunicazione chiara e comprensibile tra l’azienda e i suoi interlocutori riduce il rischio di malintesi e potenziali controversie, che possono comportare costi aggiuntivi in termini di spese legali e risorse impegnate nella gestione sottratte ad altre incombenze più produttive; una riduzione dei rischi legali: una integrazione efficace dei modelli di comunicazione interna ed esterna può aiutare a identificare e prevenire potenziali problemi legali prima che si verifichino, riducendo la probabilità di cause legali, multe o sanzioni; un miglioramento della reputazione: la gestione e comunicazione degli adempimenti legali dimostra un impegno nella trasparenza e nell’accessibilità, il che può rafforzare la fiducia dei clienti, partner e investitori, portando a una maggiore lealtà e, potenzialmente, a una crescita economica; una innovazione e differenziazione rispetto alla concorrenza: l’adozione di un metodo EUCLEA può fornire un vantaggio competitivo, poiché un’azienda che adotta soluzioni legali innovative e orientate all’utente si differenzia dai concorrenti.
In conclusione, avere una strategia legale-comunicativa può portare benefici significativi a un’azienda in termini economici, all’aumento dell’efficienza e al miglioramento della reputazione e della differenziazione nel mercato.