Il reputation marketing non è un gioco

In un settore complesso come quello del gioco legale italiano, sospeso tra la necessità di legittimazione e la diffidenza dell’opinione pubblica, la parola “reputazione” risuona con un’eco particolare. Non è solo una voce di bilancio intangibile, ma un campo di battaglia quotidiano. L’Italian Gaming Expo & Conference, apertosi giovedì 9 aprile a Roma, ha gettato luce proprio su questo dilemma: quanto conta l’immagine costruita e quanto la sostanza che la dovrebbe sostenere?

Viviamo, come ha sottolineato Maurizio Ribotti (B-F-t-m), in “un’epoca dominata dalla percezione”. Per il gaming, questa non è una constatazione filosofica, ma una realtà operativa stringente. Con le limitazioni alla pubblicità imposte dal Decreto Dignità, menzionate da Ludovico Calvi (ULIIS), la capacità di plasmare attivamente una percezione positiva diventa non solo desiderabile, ma essenziale per distinguersi e comunicare la propria natura regolamentata e responsabile. La sfida, quindi, sembra essere quella di padroneggiare l’arte della rappresentazione.

Eppure, la discussione al Salone delle Fontane ha suggerito che il gioco di specchi della pura immagine ha le gambe corte. L’intervento di Simone D’Andria ha piantato un paletto fondamentale: l’autenticità. Insistendo sulla “coerenza tra valori dichiarati e comportamenti” e sul testare internamente le strategie, ha ricordato che la reputazione più solida non si dipinge sulla facciata, ma si coltiva nelle fondamenta dell’organizzazione. Un messaggio rafforzato dalla visione sistemica di Joe Casini, per cui l’azienda coincide con i suoi stakeholder (“l’azienda è i suoi stakeholder”): impossibile, quindi, fingere a lungo con chi, di fatto, è l’azienda stessa.

È qui che la narrazione di Gianluca Bilancioni (TP Italia) diventa emblematica. La trasformazione reputazionale di TP Italia non è partita da una campagna di comunicazione, ma da un cambiamento interno, basato su innovazione, intelligenza artificiale e un nuovo patto con i dipendenti. Il riconoscimento come “Best place to work” non è stato il fine, ma la conseguenza di un agire coerente, che ha poi potuto essere comunicato efficacemente all’esterno, anche grazie alla collaborazione con Zwan. L’immagine positiva è diventata lo specchio di una realtà migliorata.

Dunque, il vero messaggio emerso dall’incontro moderato da Stefano Saladino va oltre il semplice “reputation marketing”. La sfida per il gaming italiano non è solo quella di costruire narrazioni positive, ma di assicurarsi che queste narrazioni affondino le radici in comportamenti e valori dimostrabili. La reputazione vincente, quella che resiste nel tempo e costruisce vero valore, non è un abito di scena, ma la pelle stessa dell’organizzazione. Un compito arduo, che richiede un allineamento costante tra ciò che si è, ciò che si fa e ciò che si comunica. Perché la reputazione non è un gioco.

Condividi l'articolo

L’unica rivista dedicata
alla Corporate Reputation

Le ultime uscite

Ogni tre mesi un nuovo numero tematico ricco di approfondimenti, interviste e tendenze dal mondo della Corporate Reputation

Categorie

Leggi "Reputazioni"

In questo libro abbiamo raccolto la nostra esperienza sul campo. Attraverso i contributi di ospiti eccellenti, individuiamo il concetto di immagine e credibilità.

Social

Vuoi partecipare al prossimo numero

di Reputation Review?

Compila il form verrai ricontattato al più presto