Brand e territorio

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Tutto è diventato comunicazione. Anche il territorio, parola che perde sempre di più i suoi connotati fisici per entrare nel “grande game” globale attraverso l’immaterialità del segno, o meglio dei segni contenuti nel macrosistema unico, nel termine brand. Il brand è un vettore di comunicazione e, nella “selva oscura” (perché troppo chiara) dell’Infosfera, diventa una luce che riporta il tutto a quel territorio. Dentro ci sono marketing, politica, economia, turismo. Per chi non ha ancora letto il filosofo Luciano Floridi, l’Infosfera viene creata dall’incessante sviluppo, e dall’incessante attività, delle ICT, Information and Communication Tech-
nology, del cui sistema l’internet tradizionale è una parte importante ma non esaustiva del sistema.

In questo flusso semiotico perenne, ci sono anche le sequenze prodotte dalle macchine, ovvero gli algoritmi. Per farci capire subito con un esempio drammatico che ci riguarda tutti da vicino, nella pandemia da Covid, quel sistema ha ospitato insieme notizie scientifiche, spesso in contraddizione, con fake news molto verosimili. Il risultato, ad esempio, sul tema decisivo dei vaccini, è che oggi il popolo no vax in tutto il mondo trova sul web teorie cospirazioniste senza prove che mettono però a rischio la salute della gente.

Tornando a noi, il brand è dunque un insieme di segni che devono essere credibili, non confondibili, non copiabili.

Altrimenti salta il meccanismo reputazionale con il territorio. Il Prosecco vuol dire Veneto, i croati possono provarci con il loro Prosec, ma ci sono per fortuna leggi specifiche almeno nel mercato europeo che proteggono il rapporto fra quel Segno e il Veneto. E per il Veneto, quel brand vuol dire agricoltura, filiera produttiva, know-how, esportazione, successo nel mondo, internalizzazione della propria terra, in ultimo, ma non ultimo, bilancio.

Chi lo beve, magari a New York, sente il sapore non solo di un prodotto fisico che si fa solo in quel modo e solo in certe coltivazioni, ma sente il sapore dell’Italia, beve in poche parole, una Parola.

Beve insomma un brand, l’immateriale diventa per un attimo sensoriale. Un miracolo (laico) che ha zone di mistero non spiegabili se non con le intuizioni di chi i brand li crea. Questo vale per tanti altri prodotti del Made in Italy, dagli abiti, all’artigianato, a mille altri frutti del nostro modo di vivere, mangiare e bere.

Questo vale per la bellezza in senso lato. Potremmo diventare ricchi con i nostri musei, ma ancora di più con i nostri paesaggi. Poco tempo fa ho partecipato a un convegno a Bari sul turismo: il tema era la difficoltà di intercettare un flusso non nazionale ma ricco, che poteva portare tanti soldi sul cosiddetto territorio.

Ovvio che, a livello di filiera, ci vogliono gli stabilimenti e i servizi a livello, ma poi nella comunicazione bisogna far passare un brand. E qui bisogna essere bravi, se non addirittura geniali. L’ex governatore Vendola, e il mio è un ragionamento storico e non di giudizio politico, è riuscito a imporre, qualche anno fa, il brand del Salento. Sono venuti molti vip in Puglia, e molti turisti non poveri hanno comprato masserie fascinose ma desolate e hanno dato loro nuova vita. È stata portata la corrente dove non c’era, sono state costruite strade, abbiamo bevuto birra, aranciate biologiche e Rosé che si fanno solo in quel territorio. Insomma il brand del Salento era qualcosa di più della parola, del segno Puglia. Certo ci vogliono poi quel mare, quelle spiagge, quei paesi, quella storia. Ma senza un lavoro sulla comunicazione, la reputazione di quel pezzo meraviglioso di Sud sarebbe rimasta ferma ai trulli e alle orecchiette. Niente di male, nessuno snobismo, ma si capisce bene come nel nostro ragionamento il brand sia un’altra cosa. La lotta per farsi notare nel mondo, anche nel marasma del web, è durissima. Non basta far girare delle belle immagini a un bravo videomaker e metterle in rete. Bisogna elevarsi al brand-reputazionale per farsi notare nel caos rumoroso dell’Infosfera.

È un monito per politici, amministratori, imprenditori. Investite in creatività, per un mondo migliore.

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