Farmaci falsi: un flagello in tempo di pandemia

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La pandemia da Covid 19, che sta mettendo in ginocchio le strutture sanitarie a livello mondiale, l’economia e i rapporti sociali così come li abbiamo conosciuti fino alla fine del 2019, ha fatto luce anche su un altro fenomeno che è sempre rimasto sotto traccia: il ricchissimo “business” che ruota attorno ai farmaci contraffatti. «La crisi legata al Covid-19 richiama la necessità di lottare contro la vendita di medicinali difettosi o contraffatti»: questo l’avvertimento lanciato recentemente dall’Ocse e dall’European Union Intellectual Property Office, a seguito di numerosi sequestri di materiale medico alterato venduto come rimedio contro il Covid, un aspetto che secondo i due organismi: «mette in luce la necessità di fare fronte ad un crescente traffico internazionale di medicinali contraffatti che costano ogni anno miliardi di euro mettendo migliaia di vite a repentaglio». Il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, ha rincarato la dose definendo un flagello la portata e l’evoluzione di questi traffici illeciti, mentre il mondo si unisce per lottare contro la pandemia.

La casistica è ampia: dallo sciroppo per la tosse contenente un solvente tossico invece della più costosa glicerina, al medicinale rubato e rietichettato, indicando un dosaggio superiore rispetto a quello del farmaco originale. Lo sviluppo del web e l’accesso ai social ha moltiplicato all’infinito la possibilità di procurarsi, ad esempio, falsi steroidi per atleti o copie contraffatte di farmaci molto richiesti in determinati “mercati”, come quelli che si rendono necessari in situazioni di crisi o epidemie.

A rendere concreto il problema contribuisce anche un difetto normativo presente in tutti gli ordinamenti. Infatti, la normativa relativa alla contraffazione dei medicinali è considerata generalmente in termini di tutela dei marchi commerciali, piuttosto che di rilevante rischio per la salute. L’Italia è, forse, uno dei Paesi che più tempestivamente ha affrontato il problema: nella nostra rete di distribuzione legale, infatti, grazie al sistema di tracciabilità del farmaco, circolano medicinali controllati in tutto il loro percorso, dal produttore alla farmacia. Ne deriva che il fenomeno dei farmaci contraffatti è limitato ai soli canali non autorizzati quali le farmacie illegali che vengono organizzate in alcuni ambiti specifici e le farmacie che prosperano sulla rete, spesso gestite direttamente da organizzazioni criminali.

A vederli sono assolutamente simili ai prodotti autentici. Pastiglie, capsule, compresse, fiale, tutte perfettamente identiche a quelle distribuite nelle farmacie. Con un piccolo particolare: sono del tutto prive del principio attivo. In altre parole acqua colorata, nel migliore dei casi, schifezze incredibili nel peggiore. Il “business dell’inganno”, come lo chiamano gli esperti, ha superato di gran lunga l’incredibile cifra di novanta miliardi di dollari ed è in costante aumento. Tradotto questo dato e comparato con gli altri traffici illeciti a livello mondiale, vuol dire che il traffico dei farmaci taroccati ha superato quello della cocaina. Il numero di morti (oltre un milione) ascrivibile agli effetti derivanti o indotti persegue lo stesso trend. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità in alcune regioni di Africa, Asia e America Latina più del 30% dei farmaci in commercio sono falsi. In paesi come la Nigeria i farmaci taroccati rappresentano la seconda fonte di ricchezza dopo l’estrazione del petrolio. Nelle viscere di Old Dheli, la città vecchia della capitale indiana, tra vicoli, anfratti e cunicoli si sviluppa un universo parallelo fatto di banchetti, stanzette sudice e maleodoranti dove passano di mano antibiotici, antidepressivi, antimalarici, realizzati mescolando gesso, acqua, fiori e strane polverine dai colori psichedelici. Del principio attivo curativo neanche l’ombra. È un mercato alimentato dalla povertà, dall’ignoranza, dalle malattie endemiche e dalla totale, assoluta, definitiva mancanza di controlli e dalla più pervicace corruzione stratificata.

Tossine della globalizzazione

La globalizzazione non produce solo tossine finanziarie. I subprime, i derivati, gli swop anche se inquinano il mercato almeno non uccidono – non subito, diciamo; i falsi farmaci invece uccidono eccome. La commissione UE fornisce alcuni dati: i farmaci contraffatti individuati dalle dogane europee nell’ultimo anno sono stati oltre 3 milioni. Se vale la stessa percentuale della cocaina sequestrata, vuol dire che il mercato europeo assorbe almeno 300 milioni di confezioni di pillole false distribuite e consumate nel perimetro europeo.

Il profitto del falsi farmaci

La Federal Drugs Administration si è impegnata a calcolare il profitto atteso dallo smercio di falsi farmaci. Se una qualsiasi organizzazione criminale investisse mille dollari nella fabbricazione di banconote false, il ritorno dell’investimento sarebbe pari a 3300 dollari; 20.000 nel traffico di eroina; 43.000 nel contrabbando di sigarette; tra i 40mila e i 100mila nella contraffazione di software; mezzo milione di dollari se l’impegno è rivolto a taroccare solo i farmaci per i problemi di erezione. Non c’è partita, i guadagni sono stratosferici e i rischi, tutto sommato, sono accettabili. In alcuni paesi di antica civiltà non è considerato un delitto falsificare i farmaci. Nel Regno Unito, ad esempio, si riceve una condanna più dura se si “copia” una camicetta che una medicina.

Il caso dell’eparina

Un caso che ha richiamato un certo interesse a livello mediatico è stato quello dell’eparina: un anticoagulante derivato per sintesi dall’intestino dei maiali e utilizzato nei malati in dialisi e negli interventi chirurgici. Si scopre che ben dodici aziende cinesi, guarda caso, producevano e distribuivano world wide eparina alterata da solfato di condroitina. L’autorevole rivista The Lancet ha analizzato il prodotto e certificato che il solfato di condroitina è strutturalmente simile all’eparina, ma costa 100 volte meno. In altre parole, il principio è lo stesso dei narcos colombiani: si taglia la cocaina con calce o borotalco per aumentare il numero delle dosi. Oppure, se vogliamo, come accaduto in Italia col vino al metanolo.

I costi dei falsari

D’altronde, impiantare una fabbrica dedicata alla produzione e vendita di medicine false non richiede investimenti esagerati. Si tratta di mescolare in calderoni un po’ di gesso con acqua, qualche colorante, zucchero e fiori. Il principio attivo, come detto, è un optional. Se le cose rimanessero così, tutto sommato i danni sarebbero limitati: ma purtroppo accade anche che vengano usate sostanze di dubbia provenienza, a volte tossiche, che producono effetti micidiali con conseguenze irreversibili. «Nella maggior parte dei casi – spiega il professor Nicolas White dell’Università di Oxford – la sofisticazione è più subdola. Il principio attivo è presente ma in quantità insufficiente a curare la malattia con il risultato che non solo non si cura il malato, ma si aiuta l’agente patogeno a diventare molto più resistente alla malattia».

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