Francesco Rutelli • Il futuro è adesso

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Arduo il tentativo di sintetizzare in poche righe la biografia di Francesco Rutelli, tipica di un “cavallo di razza” della politica italiana. Classe 1954, è stato eletto sei volte nel Parlamento italiano e deputato al Parlamento Europeo. Primo Sindaco di Roma eletto direttamente dai cittadini, rieletto nel 1997 con il maggior numero di voti conseguito nella storia di tutte le elezioni a Roma, dal dopoguerra ad oggi (985mila voti), Vice Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro per i Beni e le Attività Culturali. Ha svolto diversi incarichi istituzionali di livello: tra questi, Presidente del Comitato per i Diritti Umani a Montecitorio e Presidente del Copasir (il Comitato bicamerale di controllo dell’intelligence). Dal 2016 è Presidente dell’Anica, l’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche.

Attualmente, Rutelli non riveste incarichi istituzionali ed ha scelto di occuparsi – sia su basi professionali che di volontariato – dei temi in cui ha maggiormente sviluppato competenze ed esercitato la propria passione civile. L’intervista che segue è incentrata proprio sul “futuro sostenibile” un argomento che continua ad affascinarlo e impegnarlo come quando ha cominciato il suo percorso.

Presidente Rutelli, la pandemia ha tracciato un grande solco tra un prima e un dopo, uno spartiacque tra un mondo che credevamo di controllare e uno dal profilo molto incerto, che sta facendo saltare molte sicurezze. Nel “prima” le nostre società facevano mostra di un’organizzazione globale efficiente; oggi manifestano l’altra faccia, quella fragile e insostenibile. So che sta lavorando ad un nuovo progetto definito con l’acronimo ESGR (Environmental, Social, Governance, Reputation), i quattro criteri indispensabili per lo sviluppo di aziende ed investitori socialmente consapevoli. Ce ne può parlare?

Molti di noi immaginano, o sperano, che sia possibile tornare al “come eravamo”. Non sarà così. Vari cambiamenti indotti dalla pandemia nella vita associata potranno riadattarsi, nei nostri sistemi di relazioni umane, ad un quasi-ritorno alla precedente ‘normalità’. Ma in diversi settori della nostra organizzazione collettiva, piuttosto, adatteremo comportamenti e scelte economiche in base alle esperienze forzate di questo lungo periodo: ad esempio, nel commercio, i trasporti e la logistica, l’organizzazione degli uffici, i viaggi, l’insegnamento, l’organizzazione sanitaria. Un vero e proprio cambio di paradigma avverrà a proposito della sostenibilità. Per ragioni precise: la consapevolezza acquisita della insostenibilità di alcune nostre scelte, in un mondo che va verso i dieci miliardi di abitanti; le minacce effettive e crescenti dei Cambiamenti climatici e l’impatto di una regolazione che, specialmente in Europa, diventerà per le imprese un fattore determinante per accedere sia ai mercati finanziari che a finanziamenti e incentivi pubblici.

Sì, abbiamo appena creato ESGR, con un gruppo di personalità operative di primo livello e un autorevolissimo Advisory Board: è una società Benefit per orientare e accompagnare questi processi per le aziende e per formare i manager che sono indispensabili per l’avvenire stesso di molte imprese medio-piccole.

Rimanendo in argomento. Nell’era pre-Covid molti pensavano che la distruzione dell’ambiente avrebbe avuto effetto sulle nostre vite tra moltissimo tempo, oggi tutti sono coscienti che non possiamo essere sani su una terra malata. È d’accordo che il “futuro” dell’umanità si è molto ravvicinato?

Se penso che l’espressione “Futuro Sostenibile” (che ho coniato ormai ben 32 anni fa, costituendo il Centro di iniziative per l’Ambiente che porta questo nome) era vissuta come futuribile-remota, mi rendo conto di quanti anni abbiamo sprecato! Del resto, l’homo oeconomicus vuole ancorarsi al presente, al ciclo della propria esistenza, al dare-avere quotidiano. La visione di medio termine dovrebbe appartenere alla politica e alle istituzioni, ma ci si è a lungo inchiodati alle contrapposizioni ideologiche. Oggi ci si diletta nel battibecco di tweet, piuttosto che confrontarsi sulle decisioni strategiche. La nostra società deve accelerare. Consideriamo il ritorno degli USA negli accordi di Parigi sul Clima, la necessità per la stessa Cina di non accrescere l’inquinamento generato dalle centrali a carbone (che è uno dei punti critici per il governo del Partito Comunista nei territori) e soprattutto un imponente flusso di investimenti, sia pubblici che privati, verso la decarbonizzazione, le fonti rinnovabili e la sostenibilità, a partire dall’Europa: sono fatti che possono aprire una competizione virtuosa. Perché l’umanità può restare entro i target dell’inquinamento e dell’innalzamento della temperatura solo combinando il timore impellente e vantaggi concreti, misurabili, visibili, in termini di occupazione e di sviluppo economico.

Una recente indagine svolta da Federmanager tra i propri associati evidenzia che la sostenibilità non è un costo, ma un investimento che genera profitto. Secondo i dirigenti d’azienda, insomma, uno sviluppo sostenibile ha impatti positivi evidenti anche sulla reputazione delle imprese non sempre positiva. È possibile, in tempi brevi, invertire la rotta finora seguita?

È la prova di una maturazione culturale diffusa, della consapevolezza che aziende insostenibili nei loro processi produttivi, nell’organizzazione e la logistica, nella gestione delle risorse umane, nelle emissioni sono candidate a finire fuori mercato. E la reputazione, di fronte a clientele molto più informate ed esigenti e a consumatori che non abboccheranno più al greenwashing, sarà assolutamente determinante.

L’Europa ha scelto di vincolare il 30% degli oltre 1.800 miliardi di euro messi in campo dal bilancio pluriennale e da Next Generation Eu allo sviluppo sostenibile e alla trasformazione ecologica, prevedendo controlli e parametri da rispettare, pena il mancato accesso ai finanziamenti. Insomma, bastone e carota, è l’unica via a suo giudizio?

Certo, come dicevo prima sarà un mix di incentivi e disincentivi a cambiare il paradigma. È impressionante la serie di normative che l’UE sta varando nell’ambito del Green Deal. La speranza è che non ci sia un eccessivo sovrappiù burocratico (e noi, in Italia, siamo campioni nell’aggravare la situazione…). Ma gli investimenti sono senza pre- cedenti: dalla filiera agroalimentare ai principali settori manifatturieri, dai trasporti ai servizi. Se non riusciremo a cogliere queste scadenze trasformative ce ne pentiremo amaramente. Mettiamola in positivo: prendiamo questa stagione come la più grande opportunità per portare gli obiettivi di un’economia circolare al centro delle soluzioni, non solo dei problemi. Vede, io ho lasciato ogni posizione politico-istituzionale otto anni fa, ma non posso dimenticare l’esperienza di Sindaco: abbiamo realizzato migliaia di cantieri; in nessun caso ha prevalso il blocco, quando riuscivamo a spiegare i benefici che sarebbero scaturiti dopo il disagio contingente dalle novità necessarie.

Secondo Stefano Cuzzilla, presidente Federmanager: “la sostenibilità ambientale è un concreto driver di sviluppo, una necessità, non una velleità, né tantomeno un orpello”. A suo giudizio il Governo Draghi, da poco insediato, potrebbe rappresentare la svolta su questi temi?

Sì. Ci sono Ministri in carica che hanno competenze ed esperienze preziose. E un Premier che sa cosa vuol dire trovare un compromesso ma, alla fine, tenere il punto. Non è un tecnocrate astratto, ha una solida esperienza istituzionale-politica complessa. È quello che ci serve in questa emergenza. Tocca al sistema delle imprese e alle forze vive della società cogliere l’occasione irripetibile della sostenibilità. Una parola inventata tre secoli fa, mentre si analizzava il punto di equilibrio per rendere sia economico che durevole lo sfruttamento delle foreste. Adesso tutto sembra – ed è – più complicato. Ma, oltre a saper creare molti danni, anche irreversibili, con la scoperta in meno di un anno dei vaccini anti-COVID gli umani hanno dimostrato di avere risorse di intelligenza, tecnologiche, di teamworking e di mercato che possono cambiare gli scenari più oscuri.

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