Il valore della sostenibilità

Mazzi

Fino a circa 50 anni fa si diceva che la finalità di un’impresa era il profitto, dopo si è cominciato a parlare di creazione di valore per gli azionisti (che è una semplice tautologia) e più recentemente che si trattava di creare valore per gli stakeholder. Secondo una indagine svolta tra centinaia di Ceo di grandi corporazioni internazionali, solo il 23 % ha richiamato l’arcaico obiettivo del profitto, mentre il 54 % ha parlato più in generale di stakeholder e il 22% ha dichiarato che la missione di un’azienda è il progresso della società civile. Quest’ultima definizione è quella che condivido.

È sufficiente volgere lo sguardo un po’ oltre il nostro orizzonte per riconoscere che gli stakeholder comprendono tutta la società civile, senza la quale l’impresa non potrebbe esistere, e oggi dobbiamo convenire che lo scopo di ogni iniziativa economica è lo sviluppo sostenibile, ossia contribuire a creare valore a livello sociale complessivo. Si è infatti diffusa la consapevolezza che la natura e l’intera umanità sono un patrimonio universale al quale nessuno può arrecare danno impunemente, e attualmente si parla di 30 trilioni di dollari statunitensi stanziati per investimenti in iniziative rivolte alla sostenibilità. L’evoluzione culturale delle persone è stata più rapida delle normative: nessuna normativa attuale impone alle aziende l’adozione dei processi produttivi tipici dell’economia circolare, ma i consumatori e in particolare quelli giovani, oggi attribuiscono maggior valore ai prodotti che non consumano le risorse naturali. L’impresa, dunque, non deve rinunciare all’efficienza economica, perché lo sviluppo si realizza con i margini economico-finanziari, però deve nel contempo prendere atto delle nuove esigenze del mercato rispetto alla sostenibilità. Cosa che da un lato implica ulteriori costi ma dall’altro offre ottime opportunità, consentendo di migliorare la reputazione di un brand e di stabilire una solida relazione con la clientela.

La sostenibilità è stata articolata dall’Onu in 17 obiettivi, i primi 3 riguardano la povertà, la fame e la salute, ossia i bisogni primari dell’uomo, ma immediatamente dopo, al quarto posto, c’è l’istruzione. L’istruzione intesa letteralmente non basta, è necessaria l’educazione, perché non è sufficiente parlare all’intelletto ma dobbiamo rivolgerci alla ragione, come saggiamente distingueva il filosofo Immanuel Kant, in quanto il primo genera conoscenza, mentre la seconda genera significato. In generale io credo che una nuova cultura diffusa sia la base per il cambiamento, perché quando si tratta di sostenibilità non si sta parlando di un nuovo fattore all’interno delle procedure aziendali, bensì si richiede di cambiare il paradigma, ovvero la visione che anima ogni iniziativa imprenditoriale. La sostenibilità è una nuova speranza, perché può aprire la mente a una visione in grado di permeare le complesse e diversificate esigenze di una società civile.

Per quanto riguarda la mia esperienza come presidente di Prada, già da molti anni ci siamo rivolti a temi di sostenibilità sociale e ambientale, e lo abbiamo fatto investendo in cultura, cosa che ci ha dato grandi soddisfazioni. La Fondazione Prada ha dedicato alla cultura investimenti assai ingenti che poi sono tornati a vantaggio del Gruppo stesso, consentendoci di ricevere grandi stimoli per lo sviluppo della creatività che caratterizza il nostro lavoro. Più di recente, oltre a numerose iniziative di risparmio energetico, abbiamo avviato alcune attività di economia circolare, una per tutta quella del recupero delle reti da pesca dal fondo del mare per riciclarne il nylon, col quale per esempio è stata realizzata la linea di borse Re-Nylon. Abbiamo anche continuato a sviluppare iniziative in campo culturale organizzando conferenze per approfondire temi di sostenibilità strettamente connessi al nostro settore. E per ultimo, ma non meno importante, abbiamo aderito al Fashion Pact, ovvero alla coalizione globale di aziende leader del settore della moda e del tessile per il raggiungimento di una serie di obiettivi condivisi, focalizzati su tre aree principali: arrestare il riscaldamento globale, ripristinare la biodiversità e proteggere gli oceani. Si tratta di una iniziativa promossa dal presidente francese Emmanuel Macron che ha riunito alcuni settori industriali, tra cui la moda, assegnando loro il compito di elaborare un programma con obiettivi di sostenibilità.

Per quanto ci riguarda siamo una sessantina di imprese in tutto il mondo, e ci stiamo concentrando sulle emissioni, perché l’industria tessile dopo quella dell’energia è la più inquinante a livello globale. Un progetto difficile e complesso nel quale ci stiamo impegnando e abbiamo grandi aspettative, e che portiamo avanti sia attraverso uno scambio di informazioni che con l’aiuto di scienziati e tecnici incaricati di elaborare metodologie per migliorare l’impatto ambientale.

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