Perché così pochi manager in TV?

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s che regola le priorità del dibattito pubblico. In Italia, in particolare, rispetto a modelli di matrice anglosassone, i programmi di approfondimento vedono da sempre protagonisti esponenti del mondo politico, spesso affiancati da opinionisti di estrazione varia e da esperti “disponibili in pianta stabile”, basti pensare alle schiere di virologi e analisti internazionali che affollano gli attuali palinsesti televisivi.

Ma perché vediamo così pochi manager in TV?
E mi riferisco, nello specifico, non solo alle prime linee della dirigenza, le figure chiamate a guidare la ripresa del Paese, ma anche a coloro che, poi, sono chiamati a operare sul campo, a confrontarsi con la complessità del quotidiano. La vera spina dorsale dell’economia di questo Paese. Le ragioni sono, a mio avviso, molteplici e riguardano sia la necessità che il management comunichi di più e meglio sia alcune criticità con cui l’informazione “all’italiana” deve fare i conti. Mi spiego meglio: i manager sono anzitutto “uomini del fare”, impegnati quotidianamente a mandare avanti realtà produttive che si confrontano con contesti altamente competitivi. L’imperativo della dirigenza è quindi lavorare per ottenere risultati misurabili, accantonando spesso quelle che erroneamente vengono ritenute come velleità comunicative, se non addirittura perdite di tempo.
Mai come oggi, invece, saper comunicare è davvero essenziale, perché se i risultati non sono veicolati da messaggi forti, rischiano sovente di essere “risultati a metà”.

I manager devono pertanto comprendere l’importanza di formarsi come comunicatori, di sviluppare quelle soft skill che sono cruciali per dare forma, oltre che sostanza, al loro lavoro. In questa prospettiva un organismo di rappresentanza, come la nostra Federazione, è pronto a svolgere un grande ruolo, dal punto di vista formativo e informativo.
Quella della comunicazione è una sfida che vogliamo accettare senza riserve, come dimostrano del resto le tante attività che Federmanager porta avanti sui diversi media di riferimento.
Vi è però da considerare, come accennavo, un serio problema della qualità dell’informazione in Italia. Di frequente vediamo programmi giornalistici riconvertiti ad agoni mediatici in cui ha più chance di essere presente chi urla, chi litiga, chi lancia allarmismi privi di fondamento.
Sorge allora il legittimo dubbio che i manager non siano invitati in TV forse perché troppo preparati, documentati, consapevoli dei propri settori lavorativi.
I manager conoscono e riportano dati, cifre e i numeri, si sa, spesso spaventano perché enunciano evidenze che le parole non possono nascondere. Si preferisce quindi dare in pasto all’audience discussioni polarizzate e preconfezionate, animate da personaggi più o meno inconsapevoli di partecipare a occasioni di visibilità gridate, ma non certo a programmi di informazione.

In una fase di enorme complessità come quella che stiamo attraversando, si avverte invece il bisogno di voci competenti, di persone in grado di gestire i cambiamenti. In breve, di manager.
Per questo accogliamo con grande favore la nascita di “Business+”, una nuova piattaforma focalizzata sui temi economici, ma pensata per sviluppare un sano confronto di idee e opinioni che possa davvero risultare utile agli spettatori. Offrire un giornalismo di qualità, basato sul fact-checking e su fonti qualificate, è una delle forme più alte anche di intrattenimento televisivo, nel senso più nobile dell’espressione.
Perché non può e non deve passare il messaggio che la qualità possa annoiare, in favore di slogan di corto respiro che deformano la realtà. Diamo più voce ai manager per offrire una nuova prospettiva al Paese e lavoriamo perché gli stessi manager, grazie a innovative opportunità di comunicazione, possano sentirsi stimolati a partecipare.

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