Territorio e investimenti esteri

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L’attrazione degli investimenti esteri gioca un ruolo sempre più essenziale nel processo di internazionalizzazione del sistema Paese, insieme alla tradizionale promozione del “Made in Italy” sui mercati stranieri. L’importanza di attrarre investimenti esteri è stata ribadita nel corso dell’ultima Cabina di Regia sull’Internazionalizzazione, svoltasi lo scorso mese e presieduta congiuntamente dal Ministro degli Affari Esteri, Di Maio, e da quello dello Sviluppo Economico, Giorgetti.

L’Italia, pur non essendo tra i primissimi Paesi di destinazione degli investimenti esteri al mondo, rimane un importante percettore. Ci posizioniamo infatti all’ottavo posto nella classifica dei Paesi percettori, con un valore dello stock di investimenti di oltre 23,5 miliardi di dollari, che ha un peso di oltre il 20% sul nostro PIL. Per incrementare la nostra attrattività è però necessario intervenire sulle criticità che pervadono il nostro sistema economico, definendo una strategia nazionale efficace nell’attrarre investitori.

Similarmente ad altri Paesi, anche l’Italia negli ultimi anni si è dotata di strutture per intercettare investimenti internazionali, imperniandole sull’Agenzia Ice e sulla rete diplomatica/consolare. Presso alcuni uffici della rete Ice sono operanti dei desk specializzati (www.ice.it/it/chi-siamo/inves-italy). A tali strutture si affiancano poi sul territorio italiano quelle di INVITALIA.

Ma quali sono le dinamiche che determinano i flussi di investimenti esteri? Tutti gli studi in materia sono pressoché concordi nel definire gli aspetti che influenzano tali scelte, sintetizzandoli così:

  • Stabilità politica
  • Fiscalità
  • Certezza del quadro normativo
  • Efficienza dell’apparato pubblico
  • Corruzione
  • Qualità delle risorse umane
  • Mercato del lavoro: flessibilità e specializzazione
  • Infrastrutture
  • Giustizia: certezza e tempi
  • Sistema di formazione universitario
  • Qualità della vita

Si evince facilmente come molti di questi siano ancora nel novero delle debolezze del nostro Paese. Su questi bisogna allora lavorare con convinzione, al fine di migliorare l’immagine dell’Italia e rassicurare gli investitori. Ho alle spalle quasi 40 anni di promozione del “Made in Italy” e sono arrivato a guidare, tra gli altri, gli uffici di Londra e Los Angeles con le loro strutture di scouting per potenziali investitori. Ho avuto la possibilità di soffermarmi su alcune debolezze strutturali che limitano la nostra attrattività, da correggere al più presto. In particolare, bisogna accelerare per una riforma del sistema di giustizia civile, accorciando innanzitutto i tempi di definizione delle controversie riguardanti le società con sede all’estero.

Oggi il contenzioso commerciale ha un tempo medio di quasi quattro anni. Questi tempi scoraggiano gli investitori che, in caso di controversia, vedono a lungo immobilizzato il loro investimento. Anche se molto è stato già fatto attraverso l’accordo ICE-INVITALIA, occorre potenziare il sistema di tutoring per le imprese estere che investono in Italia, prevedendo un one-stop-shop che faciliti l’azienda nei rapporti con la Pubblica Amministrazione sul territorio. È necessario quindi migliorare l’efficienza della Pubblica Amministrazione il cui operato è frequentemente lento e farraginoso, nonché di difficile comprensione per un manager straniero. Realizzare dunque un salto qualitativo che orienti l’azione in ottica di problem solving nel campo, ad esempio, del costo del lavoro (intervenendo sugli oneri sociali), o in quello delle infrastrutture e della logistica (entrambe necessitano di un ammodernamento importante).

Interventi nei settori sopra menzionati sono previsti nel PNRR. Si può pertanto ragionevolmente sperare che, nel giro di qualche anno, l’indice di attrattività migliori sensibilmente. Dalla sua, l’Italia ha poi il favore della posizione geografica. Per questo, oltre ad essere uno dei maggiori mercati interni europei, è un’importante piattaforma importante sviluppo per i mercati europeo, del Mediterraneo, dell’Africa e del Medio Oriente, una condizione che la rende particolarmente attrattiva. Operando a livello microeconomico su una politica industriale che selezioni i microsettori nei quali il nostro paese presenta vantaggi competitivi attuali e prospettici, si può fare molto. Si pensi a settori come moda, arredamento e lusso in genere, turismo e strutture ricettive, meccanica strumentale, agroalimentare e immobiliare di lusso. È bene partire da qui, con interventi mirati di informazione e comunicazione su Paesi selezionati.

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