Alberto Oliveti, presidente dell’ENPAM, Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza medici, risponde alle domande di Reputation Review.
Non possiamo non cominciare dalla crisi che stiamo vivendo, un fatto senza precedenti per le nostre generazioni. Nella prima fase di questa crisi l’ENPAM, tra le altre iniziative, ha rinviato il pagamento dei contributi alla cassa previdenziale, tuttavia la sensazione di molti è che siano necessari interventi più strutturali nei prossimi mesi. Quale è la vostra opinione al riguardo?
“Il rinvio dei contributi è solo uno dei tanti interventi per sostenere gli iscritti in questo periodo. Voglio ricordare un’altra azione messa in atto per limitare l’impatto negativo dell’emergenza sanitaria sulla professione medica e odontoiatrica: i mille euro al mese, per tre mesi, da noi destinati ai liberi professionisti che hanno visto i loro guadagni diminuire a causa delle restrizioni all’attività lavorativa causate dal Covid. Per onore di cronaca, lo Stato ha preteso una ritenuta del 20 per cento su questi mille euro, nonostante le risorse provenissero dal già tassato patrimonio dell’ENPAM.
Sono state misure emergenziali che era doveroso adottare. Al di là della situazione attuale, è nelle nostre intenzioni spostare sempre più il focus verso un’assistenza di tipo strategico, pur continuando ad assistere gli iscritti nel momento di difficoltà contingenti. Essere strategici vuol dire che vogliamo dare maggiore sostegno alla fase lavorativa, soprattutto per cercare di stabilizzare le turbolenze professionali causate da una società in magmatico cambiamento.”
La nostra rivista si occupa di reputazione, un tema che dieci anni fa sembrava molto astratto e che oggi è nel linguaggio comune di ognuno di noi. Secondo lei che ruolo avrà, se ne avrà uno, la reputazione di un’organizzazione nel modo in cui questa affronterà la crisi che stiamo vivendo?
“Finalmente si parla di questi temi. Per noi dieci anni fa erano già molto concreti: in quel periodo mentre sulla stampa apparivano titoli allarmistici su presunte perdite finanziarie – che in realtà non ci sono state – abbiamo fatto una riforma previdenziale epocale, che ci ha garantito un futuro di sostenibilità. Per raggiungere l’obiettivo è stato innanzitutto necessario difendere la nostra reputazione ristabilendo un clima di fiducia. Fortunatamente le campagne comunicative possono modificare la percezione di un’istituzione solo fino a un certo punto: sulla reputazione, infatti, incide l’esperienza che il singolo fa nella sua interazione con l’ente e con i suoi rappresentanti. Per questo per noi è così importante dialogare e ascoltare sempre la voce e le istanze degli iscritti, che arrivano con le telefonate, le email, i canali social o attraverso i racconti dei rappresentanti eletti negli organi collegiali.”
Come tutte le organizzazioni longeve anche l’ENPAM ha dovuto affrontare negli anni delle crisi reputazionali, crisi che oggi sembrano superate ma che in un mondo così complesso purtroppo sono sempre più imprevedibili. Cosa avete fatto e cosa contate di fare di più in futuro per proteggere e promuovere il vostro capitale reputazionale?
“Semplice: cercare di fare cose buone, sempre e comunque, indipendentemente dagli scenari politici e dall’emotività collettiva del momento. Mia nonna diceva: le cose buone durano nel tempo.”
Ogni volta che si fa un’indagine sul welfare integrativo, da qualunque parte lo si guardi il tema della previdenza è sempre quello percepito come più importante. Al momento quale scenario vedete in tal senso, sia per la vostra categoria di riferimento che in generale per il sistema Paese, nei prossimi vent’anni?
“Direi che il nostro obiettivo di breve e lungo termine è quello di passare dal cosiddetto patto generazionale a un vero e proprio circuito generazionale. Dobbiamo fare in modo che le generazioni portino avanti uno scambio di vicendevole vantaggio, in modo da raggiungere una sostanziale equivalenza tra quanto viene versato e quanto viene ricevuto. Ciò in termini di supporto, sia al momento della pensione, sia di sostegno alla qualità dell’esercizio professionale durante gli anni dell’attività lavorativa. Non più quindi un passaggio lineare dal lavoro al post-lavoro, ma una circolarità del risparmio previdenziale usato come volano positivo per sostenere le esigenze di ogni professionista. “