Coltivare sostenibilità: robotica italiana a Dubai

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I robot hanno sempre popolato il mondo dei media. Sono un argomento che affascina e tiene tutti col fiato sospeso, perfetto per costruire storie interessanti, divertenti e piene di colpi di scena. La TV della mia infanzia e adolescenza era piena zeppa di robotica: tanti tra noi guardavano Jeeg robot d’acciaio e ricorderanno ancora oggi la leggendaria sigla che ne accompagnava la versione italiana. Quando all’università, ormai più di venti anni fa, iniziarono a parlarmi sul serio di automazione, forse una parte di me pensava ancora a quel bellissimo robot giallo-verde giapponese.

Ne è passata tanta di acqua sotto i ponti dai miei primi anni universitari. Oggi sono un imprenditore nel settore della robotica e, grazie alla nuova TV, lo streaming, ho visto la mia azienda, la Italrobot, proiettata all’Expo di Dubai. In occasione di un evento che rappresenta, fin dalla sua nascita, l’innovazione condivisa con il resto del mondo, abbiamo mostrato la nostra idea e i nostri valori, presentando il progetto Agritech Campania. Portare i robot lì dove ancora non hanno espresso le loro potenzialità e, nel caso specifico, in un settore fondamentale per il benessere di noi tutti, l’agricoltura.

Il tutto è stato organizzato in un momento particolarmente significativo, il 9 febbraio, a pochi giorni dall’apertura della settimana dedicata dall’Expo al tema “Food, Agriculture and Livelihoods”, ovvero all’alimentazione e alla sua sostenibilità. Per consegnare al meglio il nostro messaggio a una platea internazionale, abbiamo scelto due format che ci hanno permesso di esprimerci e raccontarci in maniera “potabile”: un documentario e un talk show, entrambi in lingua inglese, trasmessi in streaming nel padiglione della regione Campania a Dubai e, contemporaneamente, su una pagina web per tutti gli iscritti all’evento online. 

È stato davvero emozionante portare i volti delle persone che animano questo progetto nella capitale degli Emirati Arabi Uniti, a 5.000 km da dove il progetto Agritech ha preso forma inizialmente, tra le serre dove si coltivano fragole in Terra di Lavoro. Dal lembo di terra tra Napoli e Caserta dove i Borbone storicamente hanno impiantato alcune tra le fabbriche agro-alimentari più innovative del loro tempo, fino agli orizzonti infiniti del deserto, nuova frontiera dell’innovazione tecnologica mondiale e area particolarmente sensibile al tema di un’agricoltura nuova, produttiva, efficiente e senza sprechi.

Agritech è proprio questo, un progetto che vuole coltivare sostenibilità, esportando nelle regioni che ne hanno più bisogno l’eccellenza campana della robotica e un modello di collaborazione uomo-macchina che rivoluziona l’agricoltura e la società che ruota attorno ad essa: per dire basta a sprechi alimentari e formare dei coltivatori specializzati, liberi finalmente dal giogo dello sfruttamento e del caporalato diffuso in tante aree del mondo. 
Sullo schermo, col docufilm, abbiamo raccontato la storia, ad esempio, di Giusy Esposito, ingegnere che si occupa di ricerca e sviluppo in Italrobot. Una ragazza brillante, potenziale cervello in fuga, che siamo riusciti a trattenere al Sud, dove mette a frutto le sue competenze in un workplace stimolante. Durante il talk show, invece, ho personalmente avuto modo di dialogare, tra gli altri, con Sabah Ahmad, un “organic farmer” con un background lontanissimo dal mio, eppure ugualmente pronto a raccogliere con coraggio l’innovazione per costruire un futuro più sano partendo dalla terra e dal rapporto che abbiamo con essa.

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