Reputazione Italia: Intervista al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte

Conte

Nei primi giorni di marzo eravamo nel pieno dell’emergenza Covid in Italia. Una situazione non facile per nessuno.

In queste situazioni credo sia normale, non essendo il nostro cervello predisposto ad accettare le cose che non riesce a razionalizzare, essere molto critici riguardo a qualsiasi decisione presa. Una situazione nuova porta di per sé delle incognite molto grandi da affrontare. Anche io ho nutrito le mie convinzioni e opinioni personali, dopotutto siamo un paese di 60 milioni di CT della nazionale, che avrebbero saputo schierare la formazione vincente in tutti i mondiali di calcio finora giocati.

Il mio senso critico era molto sviluppato, “perché non facciamo così” o “perché non facciamo colì” “abbiamo sbagliato a fare così” e “dovevamo fare colì” ecc…

Quando però mi sono ritrovato ad esprimere le mie perplessità su come il nostro paese stesse affrontando l’emergenza ai miei amici e familiari sparsi in giro per il mondo (America, Brasile, Inghilterra, Germania, Spagna e Francia), le risposte che mi sono state date mi hanno scosso. Erano tutte del tipo “non capisco perché non facciamo come voi, è chiaro che abbiamo solo qualche settimana di ritardo rispetto all’Italia”.

All’inizio, spinto solo dalla mia curiosità, ho chiesto nella mia cerchia quanto fosse diffuso questo sentimento, e quando ho capito che la convinzione, nelle persone a loro vicine, fosse di un modello da seguire in molti sensi, ho voluto approfondire professionalmente la cosa.  Ho quindi invitato i nostri partner americani di SEMrush (piattaforma di Saas per la gestione della visibilità on line) a darmi una mano, per integrare i parametri di loro competenza e poter quindi effettuare un’indagine approfondita.

La domanda a cui volevamo rispondere era: “quali sono i paesi presi a modello nella gestione del covid?” L’idea era di analizzare solo contenuti in lingua inglese associati alle seguenti keyword: #nomePaese #covid19 #lockdown #virus #coronavirus #health #safety.

Così abbiamo unito ai dati di SEMrush, che ha usato la propria tecnologia, leader di mercato, a quelli dell’ algoritmo brevettato “Reputation Rating” (www.reputationrating.it ), che pesa e misura le dimensioni della reputazione, certificando le fonti attraverso la tecnologia blockchain, riuscendo addirittura a tirar fuori una classifica:

  1. Italia
  2. Corea del Sud
  3. Estonia

Nel dettaglio, è stata svolta un’analisi di media intelligence del periodo, raccogliendo e confrontando il sentiment delle principali testate in lingua inglese, dei principali rating pubblici dei singoli stati, e dei commenti in lingua inglese su social media, blog e forum.  Questa attività ha prodotto circa 350.000 risultati, che sono stati processati dagli algoritmi delle piattaforme e supervisionati dagli analisti delle due società.  I risultati sono stati ponderati in base alla copertura stimata del pubblico (misurata in impression e copertura totale) e alla media giornaliera dei visitatori utilizzando Alexa Data.

I risultati non parlavano solo della gestione del governo, ma di tutto il sistema paese. Visti da fuori insomma siamo stati percepiti come coesi e come modello da seguire:

perché non facciamo come l’Italia” “perché non facciamo come le imprese Italiane” ecc.

Questa indagine è stata prima notata dall’ufficio della Presidenza del Consiglio, che ha voluto verificarne attendibilità metodologia e strumenti, e poi citata alla camera e al senato dal Presidente Conte il 30 Aprile 2020.

Così ci ritroviamo all’occasione di questa intervista con il Presidente del Consiglio, che si è gentilmente prestato a rispondere alle nostre domande.

Presidente, dalla indagine fatta da noi in collaborazione con la società americana SEMRush è emerso che l’Italia nella gestione dell’emergenza Covid è stata percepita come punto di riferimento all’estero. Come commenta questo dato?

«È la prova che siamo sulla strada giusta per uscire quanto prima dall’emergenza sanitaria. Il senso di responsabilità degli italiani, gli operatori sanitari, le forze dell’ordine e della protezione civile che hanno lavorato con grande abnegazione, la politica che ha saputo confrontarsi con la scienza senza tuttavia delegare a quest’ultima le scelte, le istituzioni che ai vari livelli, nazionale, regionale, comunale, hanno mostrato buona capacità di coordinamento, le associazioni sindacali, le associazioni di categoria e tutte le formazioni intermedie del terzo settore e, non ultima, la Chiesa: tutte queste componenti hanno mostrato grande spirito di collaborazione, con il risultato che il “sistema Italia” ha dato grande prova di sé e questo risultato è stato percepito anche a livello internazionale. Dobbiamo fare tesoro di questa esperienza anche per il futuro. Adesso, peraltro, non dobbiamo abbassare la guardia: siamo entrati nel vivo della fase di convivenza con il virus. La partita è ancora aperta e occorre l’impegno e la vigile attenzione di tutti».

Purtroppo questa tragedia è stata occasione per riabbracciarsi a livello di cittadinanza unendo compatte tutte le istituzioni nell’affrontare qualcosa di mai visto. Un vero e proprio rilancio della reputazione di quelli che venivano definiti fino a qualche mese fa “poteri forti”. Questa crisi sarà uno spartiacque nel tema della reputazione delle istituzioni.

«L’aspetto forse più rilevante di questa esperienza è che, a dispetto delle regole di distanziamento fisico e delle varie misure di sicurezza, abbiamo riscoperto il senso di una medesima appartenenza, lo spirito di coesione della nostra comunità nazionale. Il concetto di reputazione chiama in causa la percezione che gli altri hanno di noi: come cittadini e come istituzioni di Governo. All’estero ci hanno percepiti uniti, responsabili, determinati. Tutti insieme abbiamo restituito l’immagine di una comunità nazionale fortemente provata, ma non spezzata. Anzi più coesa e solidale, pronta a soffrire e a sacrificarsi, a fare un passo indietro, se necessario, ma lesta a prendere la rincorsa e a ripartire».

La cultura reputazionale in Italia è sempre stata molto forte. Il Made in Italy di per sé è già un brand. Secondo lei quanto impatterà la Reputazione delle nostre imprese nella fase di ripartenza?

«Le nostre imprese dovranno subire un contraccolpo dovuto non solo al rallentamento della domanda interna ma anche al brusco calo della domanda globale. Ma sono convinto che il nostro valore “reputazionale” possa crescere ancor di più se riusciremo ad attraversare questa fase 2 in modo ordinato e di questo le prime a beneficiarne saranno le nostre imprese. L’export italiano, sinonimo di qualità fuori dai nostri confini, rimane un asset strategico per il Paese. E’ per questo che ci siamo subito attivati per coniugare interventi di sostegno immediato a una strategia di più ampio respiro. Con gli ultimi provvedimenti abbiamo stanziato oltre 1 miliardo di euro per il nostro export: si tratta del più grande piano di sostegno al made in Italy programmato negli ultimi anni nel nostro Paese. Ma non basta: il Governo sta lavorando ad un piano strutturale di rilancio dell’italian way nel mercato globale, attraverso la stretta interlocuzione e il confronto con gli stakeholders del nostro universo industriale».

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