Marco Bentivogli, leader dei metalmeccanici Cisl, è una delle voci più innovative del panorama sindacale italiano. Da molti definito il “sindacalista marziano”, ha anticipato nel nostro Paese il dibattito sulle tecnologie digitali e tradotto questa sua visione in nuovi accordi sindacali, traghettando il sindacato nell’era tecnologica.
Nel suo ultimo libro, Contrordine Compagni (ed. Rizzoli), affronta i grandi temi legati alle trasformazioni del mondo del lavoro. Noi lo abbiamo intervistato per farci raccontare quali sono i cambiamenti che ci riguarderanno nel prossimo futuro.
Segretario, lei è stato il primo in Italia a usare l’espressione “sindacato 2.0”, un nuovo modo di immaginare il sindacato nel dibattito pubblico.
Con questa definizione volevo raccontare un sindacato proiettato nel futuro, capace di fare scelte radicali, rifondative e rigenerative, quelle che io chiamo le tre “r”. Siamo allo snodo di tre grandi rivoluzioni epocali che riguardano tecnologia, ambiente, demografia. Il lavoro è all’epicentro, di conseguenza non possiamo ignorarle. Il sindacato “2.0” si pone all’interno di queste trasformazioni sulla base dell’idea di giustizia sociale che è il DNA della Fim, studiando e anticipando il futuro, adeguando il proprio linguaggio, facendosi interprete dell’innovazione.
L’emergenza Covid-19 ha fatto esplodere il ricorso allo smart working. Come vanno immaginate le nuove tutele del lavoro?
La pandemia è stata una grande tragedia, tuttavia ha rappresentato un acceleratore per le trasformazioni già in atto nel lavoro, in particolare per quanto riguarda il rapporto spazio/tempo introdotto dalla rivoluzione digitale. Nei mesi dell’emergenza, in realtà, c’è stato un massiccio ricorso al lavoro remotizzato, che ha poco a che fare con lo smart working. Questo ha generato situazioni paradossali, come nel caso di quelle aziende che hanno voluto operare il controllo del tempo di connessione dei propri dipendenti, oppure con le incursioni continue nella vita dei lavoratori. Lo smart working è tutt’altro: funziona se è parte integrante della contrattazione aziendale. Rappresenta una modalità di lavoro che si consuma dentro una dimensione di fiducia, dove la prestazione è misurata sugli obiettivi, non sul tempo. Dunque, per renderlo attivo, serve un cambiamento culturale.
La Cisl ha presentato un Manifesto per la Nuova Europa unita e solidale. Lei come immagina l’Europa post Coronavirus?
Serve un cambio di rotta per superare gli egoismi nazionali. La crisi sanitaria ha dato una spinta in tal senso, rendendo necessaria una Unione Europea capace di sostenere economicamente gli Stati membri, per costruire un futuro sociale e lavorativo comune in un’ottica solidale. Il Manifesto Cisl va proprio in questa direzione e si focalizza su cinque proposte, sostenendo quanto la grave fase di emergenza renda necessarie risposte straordinarie dei sistemi sanitari, già ampiamente provati, e soprattutto politiche economiche adeguate. E anche, come ha ricordato la nostra Segretaria generale Annamaria Furlan, una buona capacità d’innovazione.