Andrea Casa - CEO Alisea • La qualità dell’aria che respiriamo è fondamentale nella lotta contro il virus

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Il Dottor Andrea Casa è considerato il massimo esperto italiano di igiene aeraulica, materia che comprende tutti gli aspetti relativi allo stato igienico degli impianti di trattamento d’aria, inclusa la loro possibile contaminazione microbiologica causata da batteri, miceti e virus. Un tema che, in questi tempi di pandemia, assume un valore primario. È inoltre Presidente emerito dell’Associazione Italiana Igienisti Sistemi Aeraulici (A.I.I.S.A) e Membro del Consiglio di Amministrazione di NADCA, l’organizzazione mondiale di riferimento del settore, nonché docente e formatore per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Lo abbiamo intervistato.

Dottor Casa, le più importanti riviste scientifiche mondiali sono concordi nell’affermare che la trasmissione del Covid-19 nei luoghi chiusi è una delle cause principali dell’effetto pandemico…

“Si tratta di una problematica che, nel primo periodo dell’emergenza da Coronavirus, è stata piuttosto sottovalutata. Noi igienisti aeraulici siamo stati tra i primi ad evidenziare tale aspetto che oggi, grazie al supporto di pubblicazioni scientifiche, è preso seriamente in considerazione. Le micro droplets sono facilmente veicolabili dal flusso d’aria degli impianti di ventilazione e climatizzazione: il rischio maggiore è dunque nel ricircolo tra locali diversi, soprattutto in ambito ospedaliero, nei casi in cui interi reparti vengano allargati per far posto alle esigenze della pandemia. Infatti, spesso in questi contesti non si conoscono bene i flussi d’aria, in quanto si tratta di impianti molto vecchi, di cui non sempre si hanno a disposizione elaborati tecnici. La pandemia ha creato un elevato livello di consapevolezza, le persone hanno capito che gli impianti possono veicolare il virus. In tal senso, esistono delle linee guida in Italia che ne assicurano la corretta sorveglianza igienica: quello che manca è un maggior controllo circa la loro applicazione”.

Detto in altri termini se non c’è controllo e una sorveglianza tecnico-professionale, una mappatura dei flussi d’aria sugli impianti di aerazione, il virus potrebbe continuare a diffondersi. E, mi pare di capire che per lei la sola sanificazione, fatta spesso in modo approssimativo, è praticamente un palliativo quasi inutile?

“Non abbiamo ancora l’evidenza scientifica, poiché i dati tecnici non sono stati resi noti, ma è possibile che i numerosi contagi di anziani nelle case di riposo (le famigerate RSA ndr) siano in parte dovuti anche agli impianti di ricircolo dell’aria ivi installati. Come accennato, esistono delle linee guide sull’argomento emanate dalla Conferenza Stato-Regioni-Provincie, che dovrebbero costituire la base tecnica su cui lavorare ma, come spesso avviene in altri ambiti, le Ats e le Asl che dovrebbero farle rispettare, sono per svariate cause (carenza del personale ispettivo, mancanza di formazione professionale, burocrazia, ecc.), quasi del tutto assenti.”

L’emergenza causata dal Covid-19 ha notevolmente incrementato la sensibilità collettiva verso i rischi che corriamo rispetto all’inquinamento indoor e outdoor. In particolare, è aumentata la consapevolezza sul trattamento dell’aria all’interno degli ambienti chiusi…

“Se consideriamo i luoghi di lavoro, la qualità dell’aria diventa fattore determinante a tutela della sicurezza e salute delle persone e, in tal senso, eliminare i rischi di contaminazione da virus, miceti e batteri, nel pieno rispetto della normativa vigente, è un imperativo ormai imprescindibile. A maggio sono state indicate le procedure (Piano di Gestione) da mettere in atto per garantire la salubrità dell’aria negli ambienti chiusi, sulla base del numero di lavoratori, prima fra tutte l’esclusione del circuito di ricircolo dell’aria, per evitare l’eventuale trasporto del virus e di altri patogeni. Rispetto alla precedente versione, il nuovo documento risulta essere maggiormente in linea con la realtà impiantistica italiana poiché tiene conto di quanto, specialmente in estate, questa funzione sia essenziale e non possa essere rimossa senza compromettere le prestazioni di alcuni impianti. Ciò comporterebbe variazioni sia in termini di temperatura che di umidità, fattori che rendono sicuri e confortevoli gli ambienti indoor nella stagione più calda. In altre parole, questi impianti, per riuscire a raffrescare e deumidificare l’aria, dovrebbero sia prelevare l’aria esterna, sia utilizzare l’aria già trattata”.

Qual è, a suo giudizio, la componente più critica degli impianti d’aerazione in funzione oggi nel nostro Paese?

“Sicuramente le condotte aerauliche”.

I tubi che vediamo nei soffitti degli ospedali o degli impianti industriali?

“Esattamente. Nelle condotte possono proliferare batteri e miceti, come muffe e lieviti. Sono questi i microrganismi più pericolosi per gli impianti: il coronavirus, in questo momento, rappresenta solo la punta dell’iceberg. Ogni giorno, infatti, introduciamo nel nostro corpo un’enorme quantità d’aria e trascorriamo la maggior parte del nostro tempo in luoghi chiusi. Presidiare con attenzione la qualità dell’aria che respiriamo è non solo una necessità inderogabile ma, a mio giudizio, un dovere giuridico. Se i sistemi d’aerazione sono contaminati, anche l’aria che respiriamo è ipso facto contaminata ed ecco perché risultano imprescindibili sia i controlli che una normativa giuridica adeguata”.

Negli ultimi tempi sono spuntate come funghi aziende che offrono apparati di disinfezione in continuo, come ad esempio erogatori di molecole: so che Lei è abbastanza scettico, ci può dire perché?

“Non sono scettico. Ritengo che, dal punto di vista delle evidenze scientifiche, non si conoscano le possibili interazioni tra queste molecole e il corpo umano nel lungo periodo. Alcuni di questi dispositivi, se non correttamente regolati, possono creare diversi problemi. La loro efficacia, al momento, sembrerebbe essere abbastanza buona negli ambienti piccoli. Tuttavia, in luoghi più grandi, come aziende, ospedali e industrie, dove gli impianti erogano svariate migliaia di m3 d’aria all’ora, i risultati finora si sono dimostrati non del tutto adeguati. Inoltre, la loro efficacia viene fortemente limitata qualora gli impianti versino in condizioni igieniche precarie. Ecco perché, se installati, tali apparati devono essere controllati nel loro funzionamento e interazione con gli impianti di trattamento d’aria, fermo restando che questi ultimi devono essere puliti e i loro componenti, come le condotte e i filtri, sorvegliati.”

Lo stesso discorso vale per la cosiddetta “sanificazione”?

“Sanificare è giusto ma non ci si può improvvisare. È necessaria una formazione ad hoc che tenga conto della ricerca scientifica, di competenze tecniche. Il problema è che questo tipo di azione andrebbe disciplinata scientificamente e giuridicamente. Finora non è stato fatto ed ecco la confusione a cui assistiamo. Vi è poca chiarezza circa il significato stesso di sanificazione, che viene spesso utilizzato impropriamente. In ambito aeraulico la principale norma di riferimento è la cosiddetta “procedura operativa” per la valutazione e la gestione dei rischi correlati all’igiene degli impianti di trattamento dell’aria, per cui la sanificazione è intesa come attività volta a rendere igienicamente sano un oggetto, una superficie, l’ambiente e le attrezzature in relazione all’uso che se ne deve fare. Essa consiste di due fasi distinte ma inscindibili, ovvero dipendenti l’una dall’altra: la fase di pulizia e/o detersione e quella successiva di disinfezione o sterilizzazione. In altre parole, è possibile affermare che una superficie o un materiale sono definiti sterili quando le probabilità di trovarvi un microrganismo sono inferiori ad una su un milione”.

Dottor Casa lei è anche Presidente e Fondatore di Alisea, Azienda nata più di 20 anni fa e unanimemente riconosciuta ai primi posti nei ranking italiani ed europei nella gestione igienica degli impianti aria. Quali sono le caratteristiche del vostro successo?

“Il nostro approccio metodologico è lineare. La soluzione per tenere attivi gli impianti, compresi i circuiti di ricircolo e assicurare, al contempo, condizioni di igiene e sicurezza all’interno dei locali climatizzati, risiede in un’attenta valutazione del rischio Aeraulico, strumento fondamentale per implementare un efficace sistema di gestione e mitigazione dei rischi, compreso quello derivante dalla diffusione del Covid, che dipende da una pluralità di fattori. La nostra attenzione è concentrata sul rafforzamento dei protocolli specifici di contrasto e contenimento. Nel caso del coronavirus affianchiamo quotidianamente le singole aziende nella gestione degli impianti, proponendo soluzioni volte a tutelare al meglio la salute dei lavoratori e di quanti vi stazionano, affinché il datore di lavoro possa dimostrare, in modo oggettivo, alle autorità competenti, l’osservanza scrupolosa delle regole e una diligenza da buon padre di famiglia, come richiesta dal nostro Codice civile. Nella valutazione, inoltre, assumono grande importanza anche la struttura degli impianti, la loro integrità e stato di funzionamento, nonché le condizioni ambientali interne ed esterne agli edifici e quelle relative alla tipologia di persone che li vivono. In tal senso, il Piano di Gestione, prima richiamato, prevede tutte le misure e le cautele da adottare per mantenere in funzione il circuito di ricircolo, senza pericoli”.

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