Madre Terra

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Sostenibile. È ormai una delle parole ossessive del Discorso pubblico contemporaneo ed è anche il centro narrativo delle tematiche ambientaliste o catastrofiste. Da un po’ di tempo anche la narrazione economica all’avanguardia, post capitalista e post liberista, l’ha fatta sua: non ci sarà più impresa o guadagno, se continueremo a guardare all’Azienda Terra, come la chiama Al Gore, ex vicepresidente degli Stati Uniti e presidente del Climate Reality Project, come un immortale sistema di sfruttamento univoco a favore dell’uomo.

In questo senso anche l’opinione pubblica non specializzata viene sempre più spesso in contatto con la semantica salvifica della sostenibilità. Giornali, telegiornali, talk ma anche i social, da mesi sono pieni di notizie e di riflessioni su quella parte del Recovery fund che andrà alla transizione ecologica appunto “sostenibile”. Stiamo parlando della fetta più importante dello stanziamento europeo collettivo contro i disastri della pandemia, per quel che riguarda il nostro paese circa 75 miliardi di euro ovviamente nell’arco di 5 anni.

Una cifra importante che dà anche l’idea di come le istituzioni del continente sentano come prioritario il tema. Una cifra che dovrà portarci nella modernità non solo come tipo di industria e di business, ma an che come visione filosofica. Il rispetto della Madre Terra, ferita gravemente dall’inquinamento e dallo sviluppo umano senza regole, non è più rimandabile. Il tema più caldo, per fare un gioco di parole, è come ci ricorda proprio Al Gore, quello della crisi climatica, il surriscaldamento veloce e pieno di conseguenze negative a catena non solo per molte specie viventi, che potrebbero estinguersi già entro nel 2050, ma anche per la specie regina, quella dell’essere umano. Homo deus, così lo storico israeliano Harari chiama l’homo sapiens del XXI secolo che, ormai vittorioso delle battaglie su guerre, carestie, malattie (il libro è stato scritto prima del Covid), pensa ormai di rivolgere tutte le sue energie solo alla propria immortalità.

È vero che nella Silicon Valley i giganti del Tech stanno investendo miliardi di dollari sulle tecnologie mediche che potranno farci vivere fino a 150 anni, ma senza il Contesto, diremmo linguisticamente, non esiste alcun Testo. Insomma le nostre ambizioni e la nostra tecnologia inarrestabile, sarebbero e saranno a breve inutili, senza l’aria che respiriamo, senza le alternanze del clima che conosciamo, senza il magico equilibrio che ha accompagnato da sempre la nostra esistenza. Vidi all’alba, proiezione per i giornalisti, tanti anni fa (1995) al Festival di Venezia, un bel film, “Waterworld”, con Kevin Costner, un’umanità allo stremo che su zattere post moderne e insieme primitive si sfidavano per la sopravvivenza in un enorme mare che aveva sommerso la terra. Se i grandi ghiacciai del Polo Nord e dell’Antartide continueranno a sciogliersi a questa velocità, molte grandi città sulla costa, dove vivono milioni di persone, saranno inghiottite. C’è un punto in cui la narrazione giustamente allarmistica e quella apocalittica si confondono e noi non volgiamo correre questo rischio, il “green” qui per noi non è una moda da salotto, né un nuovo modo editoriale e di marketing per fare soldi. È piuttosto un destino, una via inevitabile, il punto in cui l’intelligenza politica mondiale converge per cambiare rotta. Altrimenti la collisione fra l’uomo e la Terra, il suo contesto vitale, diventerà inevitabile.

Tra i tanti libri usciti negli ultimi mesi sulle pandemie, ce n’è uno bellissimo di David Quammen, saggista e divulgatore scientifico americano, che ci racconta in modo laico, avvincente e credibile, la storia dei virus degli ultimi cento anni. Il libro si chiama Spillover, termine tecnico che indica un salto di specie, quando il virus passa dagli animali agli uomini.

Un passaggio spesso mortale che avviene perché noi umani arroganti sempre più invadiamo e alteriamo gli equilibri della Natura. E la pandemia da Covid che ci sta mettendo in ginocchio non sarà certo l’ultima. Purtroppo la penso cosi. Chiarita, o si spera, la sostenibilità alta, veniamo a quello che possiamo fare noi, cittadini semplici dell’Azienda Terra. Io, figlio di contadini, quindi uomo della terra con la t minuscola, ossessionato dagli sprechi, spengo sempre le luci inutili. Ricordo ancora, al mio primo incarico in un tg, che la sera quando uscivo, spesso per ultimo, spegnevo le decine di lampade rimaste accese. Amo l’igiene ma chiedo ai miei figli di non fare dieci docce al giorno, l’acqua è preziosa. Butto le bottiglie di plastica non in spiaggia o in mare, per vederle poi nei reportage dell’indignazione, ma negli appositi contenitori della raccolta differenziata, sapendo poi che sarà riciclata e conterrà altra acqua minerale sulla mia tavola. Bottle to bottle, economia circolare, l’economia dell’avvenire.

E così ogni imprenditore, piccolo o grande, dovrà tenere conto degli equilibri tra la produzione di ricchezza e la salvaguardia dell’ambiente. Senza arrivare a documenti che ledono i diritti democratici, la sua reputazione sarà in questo passaporto invisibile per un futuro sostenibile.

Il suo status, su tutti i media connessi dell’era di Internet, sarà questa card di civiltà dove finalmente con Platone riscopriremo la felicità primigenia: il rapporto con gli Altri e con il nostro habitat!

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