Lamberto Dini • Questione di opportunità

LAMBERTO DINI

L’ex Presidente del Consiglio e il suo sogno italoamericano pieno di “circostanze”. Lamberto Dini, classe 1931, ha vissuto prima da tecnico e poi da politico la fase storica che ha traghettato l’Italia dalla Prima alla Seconda Repubblica. Non ha mai demorso dalle grandi aspirazioni giovanili che lo hanno condotto a ricoprire ruoli strategici per il Paese con un grande riconoscimento sul piano internazionale. Ha raccontato a Reputation Review il ruolo del merito ieri e oggi.

Presidente, la sua carriera iniziò con l’Università negli Usa. Ma com’è andata la storia?

Mi laureai in Economia e Commercio a Firenze, poi fui assistente all’università a Roma. Ero in un ufficio studi della Banca Nazionale del Lavoro, stavo benissimo e insegnavo. Avendo 25-26 anni, pensai però che c’era bisogno di studiare di più. Di qui la decisione di lasciare tutto quello che avevo a Roma e fare domanda per una borsa di studio per studiare negli Usa.

Non era facile un percorso del genere all’epoca, vero?
Assolutamente no, serviva per forza la borsa di studio e io fui abbastanza convincente. L’anno successivo partecipai al concorso per la borsa Stringer della Banca d’Italia e uscii primo: ciò mi diede la possibilità di continuare a studiare nelle università americane. Gli Usa erano e rimangono la “land of opportunity” dove il merito prevale.

Poi qualcosa è cambiato…
Poi ricevetti una telefonata dal Fondo Monetario Internazionale che ebbe il mio nome da Roma, non so da chi. Cercavano un giovane economista italiano e mi chiamarono a Washington. Inizialmente non fui interessato, avevo da fare, ma insistettero e mi presentai all’interview. In questi contesti le raccomandazioni contano zero, davanti a cinque capi dipartimento del Fondo Monetario. Se il loro giudizio è positivo sei dentro, altrimenti puoi essere anche il figlio del Presidente degli Usa: non entri. Ecco come inizia il riconoscimento del merito nell’insieme… Da lì ho avuto una carriera molto rapida.

Era la sua realizzazione del sogno americano?

Sì, io andai per studiare e le opportunità non mancavano. Quanti sono i laureati italiani che vanno negli Usa ed emergono!

In quegli anni venne richiamato in Italia, come mai?
Ero ormai un Senior del Fondo monetario. Dovendo andar via un direttore esecutivo, il Governo italiano mi chiese di ricoprire il ruolo per Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e Malta. E così fui per quattro anni lead border del Fondo. Feci tantissimi viaggi non solo in Africa, ma anche in Vietnam e America Latina per negoziare e valutare programmi finanziari.

In che modo pensa di essere stato influenzato dall’American way quando è tornato a lavorare in Italia?

Lì prevale uno spirito liberale nell’insieme, così com’è la mia impostazione economica, contraria a quella della sinistra fino a quasi i nostri giorni. Io ero d’impostazione liberal-democratica.

Dopodiché, Lei ha avuto molti incarichi…

A determinare la vita di una persona sono le circostanze. Sono stato Direttore esecutivo del Fondo monetario per quattro anni. Nel 1979 dopo lo scellerato attacco di estrema destra alla Banca d’Italia, venendo meno la presenza di Baffi e Sarcinelli, Cossiga mi telefonò convocandomi a Roma perché mi avrebbe voluto Direttore generale: da lì lo fui per 15 anni. Nel ‘94 Berlusconi vinse le elezioni e io lo avevo incontrato una volta in una cena. Mi chiese di fare il Ministro del Tesoro e io dovetti riflettere, ma alla fine accettai, dando le dimissioni dalla Banca d’Italia e pensando che il Governo sarebbe durato anni. Ma con la caduta del Governo, Scalfaro decise di non sciogliere le camere dopo nove mesi dalle elezioni, e venne nominato un governo di transizione composto da tecnici; senza parlamentari. Berlusconi indicò il mio nome. Considerando l’ampio consenso del mio Governo, successivamente presentai la mia formazione politica “Rinnovamento Italiano” per le elezioni del 1996. Poi sono stato Ministro degli Esteri per i tre governi successivi fino al 2001.

Ma a parte le circostanze, vogliamo parlare del merito, Presidente?
Certamente ho avuto le opportunità nel corso del tempo, ma avrei potuto anche fallire. Si può non riuscire. Ho avuto
la fortuna di riuscire, nel corso dei tanti anni, ma senza le circostanze non sarebbe successo niente di tutto questo.

Nella sua Italia e nell’Italia di oggi ci sono davvero opportunità per chi ha merito? E quali sono i suoi consigli ai giovani?

Noi abbiamo un grande vantaggio rispetto agli Usa: permettiamo anche ai figli della classe operaia di andare all’Università. Per parlare di merito ci deve essere innanzitutto la possibilità di partecipare: di avere l’opportunità. Si tiene così aperto l’ascensore sociale a un gran numero di persone, per far emergere merito, capacità e valori che altrimenti sarebbero inespressi. I “bravi” che escono dalle università italiane emergono anche altrove, infatti. Questo è un grande
limite per gli Usa: “land of opportunity – but not for all”. Sia il loro sistema sanitario che quello scolastico avrebbero bisogno di un po’ di “socialismo” e il mio consiglio ai giovani è di fare l’Università in Italia e poi andare dove si vuole.

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