Paola Severino • Una vita divisa tra diritto, università e istituzioni

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Una vita intensa e variegata divisa tra il diritto, l’insegnamento, il mondo delle istituzioni e la famiglia. È lo straordinario percorso di Paola Severino che l’ha condotta a ricoprire anche la carica di Ministro della Giustizia, prima donna Guardasigilli nella storia della Repubblica italiana. In questa intervista racconta l’importanza e il valore del merito nella società di oggi.

Prof.essa Severino, che significato ha per lei la parola merito?
Il concetto di merito si identifica per me nel riconoscimento del giusto valore di una persona. Non è mai legato dunque a un mero connotato di meritocrazia, ma vive nel binomio legalità e merito. Riconoscere infatti il valore di una persona, promuovere un candidato perché merita, attribuire una borsa di studio a uno studente perché merita, rappresentano solo alcuni esempi di come il concetto di merito si leghi a quello di giustizia sostanziale e di concorrenza leale. Chi vince deve farlo perché ha meritato più di altri, sacrificandosi nello studio o nel lavoro, e facendolo possibilmente con passione.

Lei ha fatto una carriera straordinaria. Avvocato, docente universitario, Ministro della Giustizia, insomma un percorso professionale che può essere d’ispirazione per tutti coloro che desiderano affermarsi nel campo giuridico. Quanto ha inciso la meritocrazia nel suo percorso professionale?

Tutte le tappe della mia vita credo siano il risultato dell’impegno personale e della passione che ho per tutto ciò che attiene al diritto. Non sono stata una prima della classe al liceo, ma il mio percorso universitario, che ho scelto con piena convinzione iscrivendomi a giurisprudenza, è stato costellato di successi perché studiavo con passione tutte le materie in cui si articola il percorso di un giurista. D’altra parte, il diritto abbraccia tutti gli aspetti della vita: personale, sociale, istituzionale e dà perciò un’ampiezza di visione che consente di affacciarsi su tante esperienze diverse ma tutte tra di loro collegate.

Come si coniuga il merito con la giustizia?
Dal mio punto di vista si tratta di un legame indissolubile. Il riconoscimento del merito è infatti un atto di giustizia.


Quanta importanza ha, invece, la meritocrazia nel percorso universitario e nel ruolo di docente?

Il percorso universitario è fatto di tante tappe e di sfide molto complesse. Si diventa professori ordinari solo superando concorsi nazionali in cui vengono valutate le attività didattiche e scientifiche alle quali ti sei dedicato per anni. Quanto all’aspetto della didattica, posso solo aggiungere che la passione per l’insegnare rappresenta per me uno stimolo al confronto con generazioni sempre nuove ma sempre caratterizzate dal fatto di avere più o meno vent’anni. È proprio da questo confronto con i giovani che trae spunto il costante aggiornamento dell’attività didattica e scientifica, che si apre a materie innovative come la cybersecurity, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel diritto, i risvolti giuridici dell’uso dei bitcoin.

Nella sua carriera c’è stata la professione forense, l’insegnamento e l’attività nel mondo delle istituzioni. Il filo conduttore, però, resta la legge. Come mai ha dedicato la sua vita a questi tre mondi tanto diversi ma così uniti tra loro?

Mi sembra che il fil rouge sia molto evidente. Poter fare l’avvocato ti consente di vedere la legge nella sua applicazione. Poter fare il professore ti permette di dare ordine allo studio della legge e di commentare i sistemi normativi nazionali e
quelli di altri Paesi. Fare il Ministro della Giustizia vuol dire poter creare la legge. Considero una vera fortuna aver potuto vivere tutti questi tre importanti momenti che concorrono alla funzione del giurista. Oggi ho il privilegio di intraprendere un’altra sfida: la formazione della dirigenza pubblica in qualità di Presidente della Scuola Nazionale della Pubblica Amministrazione. Anche in quel settore è il riconoscimento del merito che conta, riportando al centro della crescita professionale i valori della responsabilità e dell’orgoglio di appartenere alle istituzioni del Paese.

In una recente intervista ha dichiarato “Quando iniziai a lavorare mia figlia era piccola e mi chiedeva più attenzioni, è stata dura”. Nel corso dei primi anni della sua carriera a volte ha dovuto mettere il lavoro prima della famiglia. Secondo lei è anche un po’ grazie ai sacrifici delle donne della sua generazione che oggi molte madri lavoratrici riescono ad avere maggiori riconoscimenti e a destreggiarsi meglio tra lavoro e famiglia?

Credo che il destreggiarsi tra lavoro e famiglia continui a rappresentare una caratteristica di noi donne perché non
vogliamo assumere un ruolo trascurandone un altro. Certo, nel fare questo oggi abbiamo una più forte consapevolezza della parte che anche gli uomini devono svolgere nell’ambito familiare e dei compiti che la società si deve assumere per consentire e facilitare questa condivisione dei ruoli.

Per concludere, a quali progetti sta lavorando?

Il mio prossimo progetto è la scrittura di un libro che percorra alcune delle mie esperienze di giurista, di avvocato e di rappresentante delle istituzioni. Non sarà un libro di memorie ma percorrerà un fil rouge attraversando alcuni momenti importanti della vita giudiziaria e normativa del Paese. Mentre lo scrivo mi rendo conto di quanto tutti questi aspetti siano legati tra di loro e di quanto abbiano contribuito a darmi una visione prismatica del fenomeno giuridico in tutte le sue angolazioni.

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