“Se non racconti al pubblico la tua versione dei fatti, a parlare saranno i tuoi avversari, e allora ti troverai nei guai”.
Con questa frase Michael Sitrick, ex reporter e mago delle pubbliche relazioni, sembra riferirsi a Tedros Adhanom Ghebreyesus, attuale direttore della WHO – World Health Organization, in italiano tradotta come OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità.
Dallo scoppio della pandemia da Coronavirus, Ghebreyesus è al centro del dibattito mondiale forse più di ogni altro suo predecessore. Vero protagonista di una situazione atipica, come quella della pandemia del 2020, l’OMS avrebbe potuto rappresentare il faro che guidava il mondo. E, appunto, avrebbe potuto, ma la realtà appare ben diversa se si scorrono a ritroso le azioni dell’ente, in particolare attraverso le dichiarazioni del suo direttore.
A gennaio 2020, Ghebreyesus dichiara che “la WHO/OMS non raccomanda di limitare i viaggi, il commercio e il movimento (della popolazione) e si oppone persino a qualsiasi restrizione di viaggio”. Secondo l’OMS la diffusione del virus non costituisce ancora un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale. A leggerlo adesso sembra fantascienza. Nella nota stampa del 23 gennaio 2020, Ghebreyesus richiede alla Cina di aumentare la sorveglianza sul virus, con la semplice raccomandazione di condividere i dati. Solo una raccomandazione da qualcuno che, in un momento di crisi, dovrebbe governare i media internazionali.
A marzo 2020, l’annuncio: “Abbiamo valutato che COVID-19 può essere caratterizzato come una pandemia. Pandemia non è una parola da usare con leggerezza o disattenzione. Descrivere la situazione come una pandemia non cambia la valutazione dell’OMS sulla minaccia rappresentata da questo virus”.
La capacità di gestire una crisi che ci aspetteremmo da un ente come la WHO/OMS si scontra con l’indecisione di queste parole. Il discorso con cui Tedros Adhanom Ghebreyesus dichiara la ‘pandemia mondiale’ continua così: “Non cambia ciò che l’OMS sta facendo e non cambia ciò che i paesi dovrebbero fare”. Cosa mancano? I valori etici, che andrebbero sempre comunicati da ogni attività, figurarsi da un ente internazionale.
Ad Aprile 2020, mentre la WHO/OMS ancora si interroga sulla necessità dell’uso delle mascherine per il personale non medico, il Wall Street Journal esce con il titolo “World Health Coronavirus Disinformation”, additando il direttore generale Ghebreyesus come responsabile di aver favorito il governo cinese. Quest’accusa sarà ripetuta più volte, come da copione, perché i media si muovono insieme, ma per averli dalla propria parte è necessario condurli, prevenire e spiegare.
È datata 23 settembre 2020 una dichiarazione congiunta di WHO/OMS, ONU, UNICEF, UNDP, UNESCO, UNAIDS, ITU, UN Global Pulse e IFRC sulla questione “Gestione dell’infodemia da COVID-19: promuovere comportamenti sani e mitigare il danno da disinformazione”. Qui troviamo finalmente un’idea per ripartire. Ma ‘gestire’ non basta, bisogna prevenire, come negli scacchi. Perché dunque non ammettere l’errore di valutazione a livello di comunicazione? E di conseguenza agire, in maniera tempestiva, focalizzata, scegliendo bene i canali, e parlando pubblicamente con una comunicazione chiara e approfondita? “Una mossa cattiva può rovinarne 40 ben giocate” diceva Israel Albert Horowitz sugli scacchi. Per la comunicazione ne basta mezza.