Giulio Bonazzi • Ripartire da sostenibilità e apertura

G.B

Giulio Bonazzi è Presidente e CEO di Aquafil, azienda italiana leader nella produzione di Nylon 6, il cui brand ECONYL®, un filato derivante dal riciclo di reti da pesca e moquette, è utilizzato dai più grandi player mondiali della moda. Lo abbiamo intervistato per parlare del ruolo della sostenibilità nella ripartenza del Paese.

Una frase attribuita a lei è “Dove gli altri vedono rifiuti, io vedo una miniera d’oro”. In quanti vent’anni fa erano capaci di quella visione, e quanti riescono ad averla oggi?

La frase l’ho detta davvero, nel 2008, a un banchiere belga che mi diede del matto. Poi, con la crisi, loro son falliti e noi no. Chiaramente la sensibilità è cambiata tantissimo. Negli anni ‘90 erano in pochissimi a parlare di economia circolare. Ricordo i primi da cui ho sentito certi discorsi, cioè Ray Anderson, fondatore di Interface, il nostro più grande cliente, e Doug Tompkins, founder di The North Face ed Esprit. Oggi è diventata una missione per qualcuno, una necessità o moda per altri. Chi fa impresa deve confrontarsi con i cambiamenti nella legislazione e con la nuova attitudine dei consumatori, e cominciare a capire che è necessario prendere dei provvedimenti. Purtroppo siamo ancora alle aste, nemmeno all’ABC, perché l’argomento è molto complesso se affrontato in maniera seria.

A volte non basta avere una vision di sostenibilità e CSR come quella legata al vostro brand ECONYL®, perché ciò che conta è la percezione che ne hanno gli stakeholder. Come comunicate i vostri progetti e come ne monitorate l’incidenza?

Essendo un’azienda B2B, abbiamo maggiori difficoltà a comunicare con il consumatore finale. Abbiamo investito più di 150 milioni di Euro nel progetto ECONYL®, ma i brand che lo utilizzano per i prodotti finiti tendono a “impossessarsi” un po’ di quanto fatto da noi a monte. Si tratta perciò di un lavoro di collaborazione e convincimento, assumendo anche posizioni rigide, rifiutando ad esempio le forniture a chi non accetta alcune precondizioni. Dobbiamo anche migliorare la comunicazione coi nostri dipendenti perché, nonostante i tanti canali interni, soffriamo un po’ la dispersione geografica e non tutti sono propensi ad aprire le newsletter o utilizzare i social. Abbiamo grande interesse per questi ultimi e cerchiamo di capire come diventare più efficaci.

Nati in provincia di Trento nel 1965, oggi avete sedi in tre continenti. La Reputazione del “made in Italy” vi ha spianato la strada o avete dovuto faticare per  acquisire la fiducia di partner e istituzioni?

Faticare sempre. Purtroppo la Reputazione non basta ed è complicato esportare la propria cultura aziendale, imparare quella locale e riuscire a metterle in collegamento. Molto cambia a seconda dell’interlocutore. Se si parla di moda, essere italiani dà un vantaggio. Se si parla di organizzazione del Paese, un po’ meno. Si è cercato di fare molto a livello di ambasciate o ICE per facilitare gli investimenti italiani nel mondo, ma in quanto a organizzazione, rimaniamo dietro ai francesi, su tutti. Certo è che, dopo un paio di progetti, si impara a capire dove possono esserci difficoltà e si sfruttano meglio le opzioni offerte dalle istituzioni locali.

Storicamente, le crisi creano un clima di diffidenza tra nazioni. Aquafil è al sicuro da protezionismi e chiusure o bisognerà ripartire dal vostro capitale reputazionale per ristabilire connessioni?

Aquafil non produce localmente per distribuire globalmente, ma lavora per piattaforme produttive continentali. Abbiamo perciò pochi problemi legati a eventuali misure protezionistiche, se non addirittura vantaggi rispetto ad aziende prive di radicamento locale. Difficile dire cosa succederà dopo la pandemia. Quello che sento nel mio cuore è questo: per noi non ci sono differenze geografiche, religiose, di genere e orientamento che tengano. A contare è il comportamento delle persone. Ho vissuto all’estero e conoscere persone diverse, imparando a capire ciò che hanno di buono, è la parte più bella della mia vita. La mia azienda fa lo stesso. Abbiamo dipendenti di tantissime nazionalità e collegare professionalmente tutti loro non è semplice, però è ciò che ci arricchisce.

Cos’è per Giulio Bonazzi la Reputazione?

La Reputazione è tutto e, quando in passato qualcuno ha messo in dubbio la mia, l’impatto è stato peggiore di quello di un bilancio in perdita. Ho però la fortuna di avere sempre il rispetto di me stesso, della mia famiglia e delle persone con cui collaboro.

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