Kamala Harris • Senza donne non c’è democrazia

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Cinquantasette anni appena compiuti (e portati splendidamente), Kamala Harris dallo scorso 21 gennaio è la prima vicepresidente donna degli Stati Uniti, la prima afroamericana, la prima indoamericana. Madame Vice President, come oramai è universalmente nota, è la donna più potente e influente d’America. Non solo. L’intero percorso che l’ha portata a raggiungere questo risultato è costellato di “primati” al femminile: prima donna procuratore distrettuale di San Francisco, prima procuratrice generale della California, seconda senatrice nera al Congresso. E non stupisce che pronunciando il suo discorso di insediamento alla Casa Bianca si sia rivolta direttamente alle donne, celebrandole con queste parole: «Sebbene io sia la prima a ricoprire questo incarico, non sarò l’ultima.

Penso a intere generazioni di donne che hanno battuto la strada per questo preciso momento. Penso alle donne che hanno combattuto e sacrificato così tanto per l’uguaglianza, la libertà e la giustizia per tutti, comprese le donne afroamericane, spesso trascurate ma che spesso dimostrano di essere la spina dorsale della nostra democrazia». Chi meglio di lei per fare un punto sulla parità di genere?

Nel 1995 Hillary Clinton pronunciò a Pechino la famosa frase “human rights are women rights” (“i diritti delle donne sono diritti umani”) proclamando che l’uguaglianza di genere doveva essere riconosciuta come diritto umano. Oggi, a distanza di venticinque anni, a che punto siamo?

Ci sono stati dei progressi, ma il viaggio è ancora lungo. In poche parole, il nostro mondo non funziona ancora per le donne come dovrebbe. Dal canto mio però vorrei anche aggiungere, citando Eleanor Roosevelt, che senza uguaglianza di genere non può esserci una vera democrazia. Se vogliamo rafforzare le democrazie, quindi, dobbiamo lottare per l’uguaglianza. Perché questa è la verità: la democrazia è più forte quando tutti partecipano ed è più debole quando le persone sono escluse. E in questo senso l’amministrazione Biden si sta impegnando per sostenere l’emancipazione delle donne.

Oggi però le donne sono le più duramente colpite dalla pandemia, per quanto riguarda il lavoro, l’economia, e dunque la loro emancipazione.

Negli Usa a causa del Covid hanno perso il posto di lavoro, o sono in ogni caso uscite dalla forza lavoro, circa due milioni e mezzo di donne, praticamente potremmo riempirci 40 stadi di football. Nel febbraio 2020 c’erano quasi cinque milioni di imprenditrici, in aprile una su quattro aveva dovuto chiudere la sua azienda. Per non parlare delle madri lavoratrici che sono state costrette a una scelta immorale, occuparsi dei figli o della loro professione. Questo esodo femminile per quanto mi riguarda rappresenta un’emergenza nazionale, e richiederà una soluzione a livello governativo e politico. Perché sono convinta che la nostra economia non potrà riprendersi del tutto se le donne non vi parteciperanno appieno.

Ancora un’ultima domanda: quali sono le donne che l’hanno più ispirata durante il suo percorso?

La maggiore responsabile della mia carriera è mia madre Shyamala Gopalan Harris, oggi scomparsa, ma che è sempre nel mio cuore. Quando arrivò in America dall’India, per studiare all’università, aveva solo 19 anni, e di certo non immaginava che un giorno sua figlia ne sarebbe diventata la prima vicepresidente donna. Tuttavia credeva davvero profondamente che in questo Paese una cosa del genere potesse realizzarsi, ed è questa sua fiducia che mi ha guidata durante tutto il percorso. Mi diceva: “Kamala, potresti essere la prima a fare molte cose, ma assicurati di non essere l’ultima”. E mi ha insegnato che far sentire la mia voce, per quanto fossi solo una ragazza, era una cosa davvero importante.

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