Il percorso è tracciato e non si torna più indietro.
La sostenibilità è una leva strategica per accrescere competitività e performance, ridurre i rischi, creare valore condiviso e aumentare la reputazione delle imprese. Agire sui fattori ESG (Environmental, Social, Governance), dunque, è una grande opportunità per le imprese, di ogni dimensione e settore di attività. Ogni occasione di ascolto e di relazione è rilevante per costruire rapporti di fiducia con gli stakeholder. Tuttavia, ciò implica un sostanziale aumento delle responsabilità rispetto ai comportamenti concretamente agiti.
Una comunicazione incoerente, incompleta o falsa in materia ESG, come avviene nei casi di greenwashing, può produrre un considerevole aumento dei rischi e possibili perdite reputazionali. Perciò, coerenza o, come dicono gli anglosassoni, “Walk the talk”!
Dove collochiamo la Sostenibilità in azienda?
Ho sempre pensato fosse anacronistico e sbagliato confinare la sostenibilità all’interno di una specifica funzione aziendale. Così come la linfa pervade una pianta nella sua interezza tralasciando solo i rami secchi, perché la sostenibilità sprigioni la sua potenza deve riuscire a permeare l’intera organizzazione. È qui che entra in gioco la governance. La sostenibilità riguarda tutte le funzioni aziendali, cambia gli assetti di governo, i processi e i modelli di business delle imprese in modo radicale. La trasformazione parte dalla consapevolezza e, su impulso del vertice aziendale, si propaga su tutta l’organizzazione.
La qualità e la composizione dei Board, la gestione delle risorse umane e le politiche di remunerazione, l’auditing, il risk management, il reporting e la comunicazione devono assicurare l’efficacia delle interrelazioni tra l’impresa e i suoi molteplici stakeholder. Il Consiglio di Amministrazione (CdA) definisce il Purpose dell’impresa, cioè la sua ragione di esistere, e svolge la supervisione strategica anche attraverso l’individuazione dei temi ESG rilevanti (cd. “matrice di materialità”). L’esecuzione delle strategie e delle politiche per la sostenibilità, invece, è demandata all’Amministratore delegato e al management team.
Quale modello di leadership per la sostenibilità?
Tornando alla linfa, perché non ci siano rami secchi è necessario allenare le persone e le organizzazioni a un radicale cambio di mentalità, specie per affrontare situazioni di grave crisi come quelle prodotte dalla pandemia. Servono competenze e leadership di qualità. Manager che siano in grado di ascoltare, farsi domande, governare e comunicare il cambiamento, dentro e fuori l’azienda. Occorre ragionare sugli scopi dell’impresa, avere un approccio aperto all’innovazione, al pensiero sistemico e alla coopetition, empatia, inclusività e velocità di reazione adeguate alle richieste e ai bisogni delle persone e delle organizzazioni.
Particolare attenzione va posta alle imprese piccole e medie che affrontano questa metamorfosi in un mondo sempre più interconnesso e instabile, spesso con strutture di governance fragili.
Per tutte le imprese è fondamentale possedere visione, capacità trasformativa, creatività, cultura innovativa e, soprattutto, un modello di leadership per la sostenibilità basato su competenze forti e ben strutturate. Un modello di leadership che potremmo definire “Modello 5CO” – COnoscenza, COnsapevolezza, COinvolgimento, COerenza, COmunicazione. Sono queste cinque competenze la linfa che alimenta la nuova impresa: sostenibile, veloce, attrattiva.
Un’impresa sempre più competitiva per le sfide che la attendono.