La televisione può essere utile a sviluppare il business aziendale? La risposta è sicuramente sì, perché oggi il posizionamento di un’impresa non si basa solo sulle dinamiche competitive “qualità prodotto/prezzo”, ma si fonda su un fattore chiave: l’identità del brand.
Un’azienda, per affermarsi, deve saper raccontare, deve accettare di essere su un palcoscenico virtuale e narrare la sua storia, umanizzando persone, comportamenti, azioni e prodotti. Un brand è tanto affermato quanto più il suo racconto è emozionale e riesce a trasmettere messaggi alla parte inconscia del cliente.
La televisione, per il suo modello produttivo, è il più persuasivo e potente tra gli strumenti di comunicazione di massa. E lo è ancor di più oggi, nonostante il processo di digitalizzazione abbia portato alla distribuzione dei contenuti attraverso i canali web e alla diffusione di nuovi modelli di fruizione dei media. La televisione c’è e resiste alla digital trasformation, anzi la interpreta migliorando le proprie performance.
Oggi più che ieri la TV è parte integrante del quotidiano degli italiani di qualsiasi ceto sociale, perché risponde trasversalmente alle esigenze di relazione con il mondo esterno. È l’autenticazione della lettura della realtà, è il luogo del divertimento, dell’apprendimento e della (passiva) partecipazione sociale. Guardo quel che accade, capisco, giudico, scelgo… La televisione è la rassicurante ed autorevole testimonianza del reale, uno strumento di conoscenza e di evasione.
In un mondo sempre più virtuale che ha modificato profondamente la relazione tra gli individui, la televisione è un’esperienza partecipativa.
Pur se riferita alla programmazione di RAI Sport nel 2020, lo slogan “Con noi trasformi un’esperienza collettiva in una relazione autentica” è la sintesi più pertinente e realistica del rapporto tra televisore e spettatori. La televisione, non solo con un evento sportivo, innesta un meccanismo relazionale ad personam: lo spettatore entra nel mondo del programma, si immedesima, si emoziona, entra nel racconto e vive un’esperienza. Ciò spiega la potenza della persuasione della televisione e il suo ruolo di rappresentazione sociale e culturale del nostro Paese.
In Italia la televisione da sempre influenza canoni morali e comportamenti individuali. Non mi riferisco solo alla rivoluzione firmata dalla TV commerciale di Berlusconi degli anni Ottanta che cancellò il perbenismo e la rigidità della programmazione delle reti pubbliche, dando vita a un modello di intrattenimento spregiudicato e aprendo le porte ai messaggi commerciali sofisticati.
Faccio riferimento a come la televisione da sempre influenzi la coscienza degli italiani e incida sulla crescita culturale del Paese. Fin dagli esordi, la TV testimonia la storia del Paese e i cambiamenti sociali, racconta i modelli e valori familiari, rappresenta una fede le compagna nella società degli egoismi e delle contraddizioni.
Un esempio per tutti. Gli italiani hanno imparato a leggere e a scrivere con il programma “Non è mai troppo tardi”, messo in onda fra il 1960 e il 1968, una trasmissione in bianco e nero che riuscì a far prendere la licenza elementare a quasi un milione e mezzo di italiani. Il successo fu tale che, successivamente, venne riprodotta all’estero in 72 Paesi.
Anche nell’era di internet e della bulimia da social, la televisione continua a svolgere il suo ruolo di quarto potere, a generare condizionamenti profondi attraverso un sistema di codici di narrazione. È per questi motivi che è uno strumento di comunicazione utile e necessario per la reputazione delle aziende, per creare un rapporto emotivo e duraturo tra marchio e cliente finale.
Lo dimostrano – ed è ancora solo un esempio – le produzioni sulla storia industriale italiana, che hanno raccontato la vita e l’ingegno dei nostri più grandi imprenditori, come Adriano Olivetti, Enrico Mattei, Giovanni Borghi, Enzo Ferrari e Luisa Spagnoli.
Quanti italiani sapevano che Luisa Spagnoli è stata un’imprenditrice ante litteram che ha creato non solo il noto brand di moda, ma anche il Bacio Perugina? Quanti italiani sapevano che Luisa Spagnoli allevava e pettinava conigli per ricavarne la lana d’angora? Peli di conigli morbidi a basso prezzo da contrapporre al costosissimo cachemire.
Anche nell’era di internet e della bulimia da social, la televisione continua a svolgere il suo ruolo di quarto potere, a generare condizionamenti profondi attraverso un sistema di codici di narrazione. È per questi motivi che è uno strumento di comunicazione utile e necessario per la reputazione delle aziende, per creare un rapporto emotivo e duraturo tra marchio e cliente finale.
Lo dimostrano – ed è ancora solo un esempio – le produzioni sulla storia industriale italiana, che hanno raccontato la vita e l’ingegno dei nostri più grandi imprenditori, come Adriano Olivetti, Enrico Mattei, Giovanni Borghi, Enzo Ferrari e Luisa Spagnoli. Quanti italiani sapevano che Luisa Spagnoli è stata un’imprenditrice ante litteram che ha creato non solo il noto brand di moda, ma anche il Bacio Perugina? Quanti italiani sapevano che Luisa Spagnoli allevava e pettinava conigli per ricavarne la lana d’angora? Peli di conigli morbidi a basso prezzo da contrapporre al costosissimo cachemire.
Il marchio Luisa Spagnoli, anche se già famoso nel mondo, grazie a quello storytelling televisivo, ha instaurato un rapporto più diretto, più chiaro, più spontaneo con la gente, fidelizzato i propri clienti e conquistato altri. Una fiction televisiva ha creato una relazione più profonda tra cliente e brand, valorizzando l’identità e rafforzando notorietà e reputazione.
Questo percorso è iniziato con una domanda: la televisione può essere utile a sviluppare il business aziendale? La risposta è indubbiamente sì, perché grazie all’utilizzo di un complesso sistema di codici di narrazione – pubblicità, cinema, dibattiti, talk show, fiction e docufilm – la TV è uno straordinario strumento di storytelling, con cui i brand possono raccontare il proprio mondo valoriale e comunicare con il pubblico in modo efficace e coinvolgente. Con immagini, parole ed emozioni.