Technopolicy: la nuova agorà della tecnologia

Giorgio-Rutelli

Tra le pagine dei quotidiani e dei periodici è piuttosto comune trovare una sezione sulla tecnologia. Esistono milioni di video-recensioni su qualunque gadget, dai telefoni agli aspirapolvere intelligenti. Siamo invasi di podcast che ripercorrono, romanzata, la storia delle società della Silicon Valley. Eppure manca, in Italia, qualcuno che parli dell’incrocio tra tech e politica, tra innovazione e relazioni internazionali, tra digitale e regolazione. Per questo abbiamo deciso di creare un nuovo “contenitore”, Technopolicy, con l’obiettivo di raccontare e creare una discussione su questi tre incroci pericolosi.

Ogni settimana incontrerò esperti, accademici, manager, per discutere di un tema specifico e attuale. Ciascuno di questi incontri diventerà un video su Business+, la nuova piattaforma TV on demand; un podcast su Spreaker, Spotify, Apple e gli altri canali audio; un articolo su Formiche. net. Perché ognuno ha il suo mezzo preferito per informarsi e a noi interessa la sostanza e non la forma. Ci immergeremo negli oceani per esplorare i cavi sottomarini: chi li possiede, quali trattati li regolano e chi vuole usarli come arma per isolare interi continenti. Voleremo a decine di chilometri inseguendo satelliti e schivando detriti, perché sarà nello Spazio il futuro delle telecomunicazioni, della difesa, dell’agricoltura e della protezione dell’ambiente. Guarderemo ai prossimi dieci anni fatti di metaverso, web3, e Nft. Riusciranno a coesistere le monete digitali delle banche centrali, le cripto e le valute emesse dalle aziende?

Analizzeremo il rapporto tra Stati Uniti ed Europa: sono lontani gli anni in cui Obama definiva noi europei “scrocconi”, Trump considerava i Paesi Nato degli spilorci e Macron diagnosticava il patto atlantico in uno stato di “morte cerebrale”. La vittoria di Biden e il ritorno della guerra hanno drammaticamente riavvicinato le sponde dell’Oceano. Ma sul piano tecnologico, i due continenti parlano lingue diverse. L’Unione europea quest’anno darà il via libera definitivo a Dsa e Dma, i due pacchetti legislativi che disciplineranno la nostra vita digitale e che secondo Washington sono scritti apposta per danneggiare le aziende americane.

Seguiremo dunque i lavori del TTC, Trade and Technology Council, nato proprio per smussare le differenze tra i due ordinamenti ma che finora non ha portato grandi risultati. Studieremo, prima che sia troppo tardi, le bozze delle norme su intelligenza artificiale, cloud e quantum computing, e capiremo quali soluzioni sono sul tavolo per tappare i buchi normativi nel trasferimento dei dati tra diversi paesi.

Si parlerà di semiconduttori, batterie di nuova generazione, materie prime, e dei piani per rafforzare questi settori: durante la pandemia la scarsità di componenti fondamentali per le transizioni (ecologica e digitale) ha spinto decine di governi a sussidiare nuove fabbriche e catene di approvvigionamento più affidabili. Ma questa iniezione di soldi pubblici in un mercato che era molto dinamico avrà sicuramente effetti distorsivi. La sovranità digitale è un obiettivo prudente o un ripiegamento davanti all’innovazione? La medaglia di “superpotenza regolatoria” che l’Europa si è appuntata sul petto è segno di forza o debolezza?

Troverete interviste su cybersecurity, 5G e 6G, intelligence economica, infrastrutture critiche e Internet of Things. E partiremo da casi pratici, in particolare nella disciplina antitrust. Pensiamo a un’azienda tecnologica che opera in Italia e vuole fare un’operazione importante: avrà a che fare con il giudice ordinario, le authority indipendenti (Agcm e Agcom), il golden power del governo, eventuali ricorsi amministrativi (Tar e Consiglio di Stato), la Commissione europea e magari anche i tribunali dell’Unione, che hanno tempi che fanno a gara con quelli italiani. A Bruxelles puntano ad accentrare poteri e competenze, ma molti Stati membri non vogliono cedere altra sovranità. Da questa sfida dipenderà l’assetto istituzionale dell’Europa, e anche la sua capacità di attrarre investimenti.

Il rischio di splinternet, di un’internet frammentata a se- conda degli ordinamenti, è aumentato moltissimo: non riguarda solo la già nota muraglia cinese o le nuove barriere con la Russia, legate alle sanzioni. Tra Stati Uniti ed Europa siti e piattaforme potrebbero non essere più visibili allo stesso modo, a causa di legislazioni incompatibili. Persino all’interno degli Usa ci sono Stati (California in testa) che si stanno dotando di norme speciali. Siamo al tramonto dell’ideale di una rete uguale per tutti e accessibile a tutti? Esiste una spinta per un ordinamento comune, ma secondo quali princìpi? Le risposte le troverete ogni settimana su Technopolicy, da metà aprile in poi.

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