Fondata a Genova nel 1861 come Registro Navale Italiano, RINA oggi è un player globale in continua espansione che fornisce una vastissima gamma di servizi nei settori energia, marine, certificazione, infrastrutture e trasporti, industry. Abbiamo incontrato – rigorosamente in video conferenza – il suo AD Ugo Salerno per una chiacchierata a tema Reputazione, ripartenza e futuro.
La prima domanda, che facciamo spesso ai nostri ospiti per cogliere i diversi punti di vista è: che cos’è per lei, la Reputazione? E ancora: come descriverebbe la sua azienda, in termini di Reputazione?
Un’azienda come RINA, che vive della qualità e affidabilità dei propri servizi ha nella Reputazione il suo primo asset, unitamente al valore del capitale umano che impiega. La Reputazione riguarda il modo in cui gli altri ci vedono, e di conseguenza la nostra capacità di trasmettere un’immagine. Dunque, che cosa arriva agli interlocutori, quando parliamo di RINA? Quello che noi cerchiamo di trasmettere sono i nostri valori di correttezza, competenza e serietà, tradotti però in una immagine moderna, agile e flessibile.
Tra i temi portanti di RINA c’è la “cultura del rischio”. Secondo lei c’erano imprese italiane preparate alla gestione della pandemia di Covid-19?
L’analisi e la gestione del rischio è uno dei motivi dell’esistenza di un’organizzazione come RINA, che offre servizi alle aziende. D’altra parte la stessa azione di fare impresa genera rischio, dunque occorre sempre valutare e controllare. Questo vale tanto più per noi, che siamo un’azienda da mezzo miliardo di fatturato e ogni giorno mettiamo sul campo 7 o 8 mila persone in 60 nazioni diverse, e infatti abbiamo un “risk team” che lavora stabilmente all’analisi di tutte le nostre attività. Per quanto riguarda le altre imprese, non credo che qualcuna fosse davvero preparata all’emergenza, anche se il rischio di pandemie si paventava da anni, persino attraverso voci autorevoli come quelle di Barack Obama e Bill Gates. Per quanto ci riguarda, abbiamo sempre prestato molta attenzione alla digitalizzazione, dunque eravamo ben organizzati e abbiamo svuotato gli uffici senza difficoltà, portando tutti i collaboratori in smart working. Il risultato? Su 4 mila persone di organico non ci sono stati eventi mortali e solo un numero irrisorio di contagi.
A suo avviso in che modo ora le aziende devono riorganizzarsi in considerazione di quello che è successo? E quali sono i settori più strategici per la ripartenza?
Oggi è fondamentale per l’economia investire il più possibile in attività che moltiplichino le risorse. Ovviamente bisognerà rispondere alla disperazione di chi ha un bisogno immediato, tuttavia lo Stato deve farsi promotore della ripresa non solo attraverso i contributi, ma soprattutto con iniziative legate allo sviluppo di quei settori capaci di diventare moltiplicatori. Quali? Le infrastrutture e la tecnologia, ma anche il turismo, la cultura. Le aziende, a loro volta, dovranno fare tesoro di quanto accaduto. E dunque rafforzare la propria digitalizzazione e la capacità di lavorare a distanza, e comprimere abitudini come quella dei viaggi e degli incontri. Il vantaggio sarà una migliore qualità della vita e dunque una maggiore efficienza delle persone, oltre che il miglioramento dell’ambiente.
Le certificazioni sono uno dei vostri business principali e oggi un driver fondamentale per la costruzione di una “Reputazione”. In che modo lei immagina lo sviluppo di questo settore?
La certificazione ha due effetti su una organizzazione: da un lato è una importante garanzia nei confronti del pubblico, da un altro migliora gli stessi sistemi che vengono certificati. Credo la richiesta crescerà sempre di più, soprattutto nel senso della certificazione di prodotto, oltre che di sistema, perché il consumatore ha bisogno di sapere che il servizio o il prodotto che sta comperando sia davvero quello che sembra. Si parla di una vostra imminente quotazione in borsa, lei che cosa si aspetta in termini di Reputazione? Prima dell’emergenza sanitaria pensavamo possibile arrivare in Borsa per la fine del 2021, oggi ritengo più probabile che slitteremo all’anno successivo, anche se la decisione di quotarci non è totalmente definitiva. Che cosa ci aspettiamo? Una maggiore visibilità e il poter operare sul mercato dei capitali, in modo da crescere ancora più velocemente di quanto abbiamo già fatto. Per noi potrebbe essere un nuovo punto di partenza, del resto negli ultimi 15 anni ci siamo già moltiplicati per cinque.