Nato a Napoli, una laurea in Ingegneria Civile Idraulica, Vito Grassi è Presidente di Unione Industriale Napoli e Confindustria Campania dal 2018 e numero uno del Consiglio delle rappresentanze regionali di Confindustria da aprile 2020.
Che cos’è per lei la Reputazione?
La Reputazione – che sia personale, professionale o di impresa – è un asset strategico per la competitività che contribuisce a determinare il nostro valore sul mercato. È una leva che si lega a doppio filo a cultura d’impresa e responsabilità sociale, un’opportunità per generare valore, materiale e immateriale, e contribuire al benessere della società allo stesso tempo. L’imprenditorialità non è solo creazione di business. Risultano fondamentali i rapporti con i media, con le risorse interne e gli Stakeholder chiave.
Un 2020 che è diventato delicato per le imprese, come ritiene si debbano comportare?
Dalla crisi appena vissuta si apriranno diverse opportunità che bisognerà essere attenti a cogliere. Come emerso nei giorni del lockdown, saranno necessarie risorse per l’organizzazione digitale delle aziende e la gestione dello smart working. Il settore sanitario avrà bisogno di nuove competenze e attività di supporto. L’intero Paese e il Sud, in particolare, hanno di fronte soprattutto un’occasione storica: la nuova centralità del Mediterraneo che, con il raddoppio del Canale di Suez e l’espansione di colossi come Cina e India, ritorna a essere strategico per gli scambi internazionali.
In che modo, a suo avviso, Confindustria può contribuire alla ripresa delle Industrie?
Continuando a garantire, come fatto finora, una centralità marcata della propria azione e della propria proposta ai diversi tavoli di confronto del dopo-Covid. Sarà necessario a breve, da parte del Governo, un piano straordinario per avviare o concluderle opere programmate e già cantierabili (sono circa600 le “incompiute” in Italia per un valore totale di36 miliardi, secondo gli ultimi dati Ance), nonché un intervento corposo per sanare l’annoso debito dellaPA verso tutte le aziende private. In fase di recessione, quella degli investimenti è l’unica strada possibile per la ripresa, assieme agli incentivi necessari per incrementare l’occupazione giovanile.
Quali sono, a suo avviso, le azioni necessarie per costruire un nuovo futuro?
Dobbiamo lavorare a un capitalismo più etico e solidale che non punti solo all’arricchimento fine a se stesso allargando la forbice sociale tra i più ricchi e i più poveri. La direzione di marcia è quella indicata dal Santo Padre che ha riassunto in “etica, cultura e politica” – in questo ordine – le tre priorità da seguire per il futuro. Si riparte da qui, dando attenzione massima a chi è più debole e ripensando il nostro modello di sviluppo in un’ottica di sostenibilità. Quello che chiederemo con forza, poi, è un intervento diretto a ridurre la burocrazia e ad aumentare gli investimenti pubblici.
Quali consigli vuole dare agli imprenditori che hanno paura per il futuro delle loro aziende?
Agli imprenditori dico di guardare oltre la paura, che fa perdere di vista l’obiettivo strategico da perseguire. L’ottimismo è una delle doti fondamentali per fare il nostro mestiere. Sicuramente la pandemia inciderà sul fatturato del tessuto produttivo fino all’autunno 2020, ma l’economia ripartirà. Ci dobbiamo aspettare una ripresa graduale, una crescita che testimoni come le crisi possano servire anche a diventare più forti e competitivi.
