La scienza delle human KPI a stelle e strisce

Definire l’individuo come asset monetario o addirittura patrimoniale ha di certo radici di natura economica connesse alla valutazione delle performance di un’azienda. L’idea risale al momento in cui l’azienda stessa acquisisce valenza di personalità giuridica, andando così a creare i presupposti per equiparare sempre più la materia all’uomo e l’uomo alla materia. Un processo di valutazione e analisi che, passando per Karl Marx e J.M. Keynes, ci ha portato nel cuore della questione dello sviluppo economico e del ruolo delle tecnologie. Un ruolo esercitato dapprima nel processo produttivo, oggi in quello gestionale, domani in quello addirittura predittivo (è immediato il ricordo dei Sistemi Esperti IBM con i quali ci eravamo confrontati in Italia durante gli anni ‘80). Una tematica che, se da una parte vede astrarre il valore del capitale umano come asset appunto intangibile, dall’altra continua a sfidare le leggi contabili aziendali alla ricerca di una metrica valutativa uniforme. Un indicatore che sia anche capace di trovare una mediazione tra esigenze amministrative e compliance etico (trasparenza ecc.) e quelle operative (proprie del dipartimento Risorse Umane e Finanze), che non sempre possono o vogliono misurare con precisione di dettagli alcuni elementi considerati “proprietari” e strategici per il posizionamento competitivo d’azienda. È il caso di quanto avvenuto negli Stati Uniti ad agosto 2019, quando la U.S. Securities & Exchange Commission (SEC, l’ente federale statunitense preposto alla vigilanza della borsa valori) ha proposto una revisione sostanziale dei parametri valutativi del capitale umano da riportare all’interno dei documenti di assessment economico e patrimoniale particolarmente sensibili per investitori correnti e futuri, oltre che per la proprietà stessa. L’allargamento qualitativo proposto intercettava molti aspetti delle cosiddette “Human KPIs” e in particolare:

• Misure o obiettivi che riguardano l’attrazione, lo sviluppo e la fidelizzazione del personale;
• Il numero e le tipologie di dipendenti, incluso il numero di lavoratori a tempo pieno, part-time, stagionali e temporanei;

• Misure relative alla stabilità della forza lavoro, come i tassi di turnover volontari e involontari;

• Misure relative alle ore medie di formazione per dipendente all’anno;

• Informazioni riguardanti le tendenze del capitale umano, come le condizioni competitive e i tassi interni di assunzione e promozione;

• Misure relative alla produttività dei lavoratori;

• I progressi raggiunti dal management in merito agli obiettivi prefissati per le proprie risorse di capitale umano;

Gli stessi obblighi di informativa per gli emittenti registrati con sede al di fuori degli Stati Uniti. La SEC sosteneva inoltre che nell’era dei Big Data, l’analisi avanzata dei dati avrebbe consentito una maggiore precisione e una migliore comprensione del ROI delle risorse del capitale umano e, con l’avvento di metriche più chiaramente definite del successo delle risorse umane, anche i CFO avrebbero assunto un ruolo più collaborativo alle funzioni HR. La proposta della SEC era arrivata in un momento in cui la rendicontazione del capitale umano aziendale era caratterizzata da una tale varietà di modelli e metodi per gestire e comprendere il valore dei beni umani da rendere aziende e investitori incapaci di confrontare le loro prestazioni ed effettuare benchmark valutativi. Pur non avallata in ultima battuta, quella proposta ha comunque inaugurato un percorso condiviso che tende a una sempre maggiore collaborazione tra finanza, risorse umane e dipartimenti IT per la creazione di benchmark sulla relazione tra forza lavoro e risultati finanziari. Resta comunque sempre attuale la constatazione che, dietro ogni grande azienda o dietro ogni processo produttivo e di ricerca, la differenza è sempre figlia della componente umana. È sempre questa a essere il focus primario del posizionamento strategico e della competitività aziendale. E infatti l’esperienza ci insegna che, se vogliamo accrescere la nostra azienda e abbattere la concorrenza, l’azione più efficace e veloce rimane sempre quella di portarle via i cervelli migliori. Anche per questo, trattenerli è diventato strategicamente essenziale anche per un sistema-Paese.

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